A quasi due anni dal suo brillante esordio al cinema in Qualunquemente, 16 milioni di euro al botteghino, il politico intrallazzatore Cetto La Qualunque torna sul grande schermo. Antonio Albanese, infatti, diretto ancora una volta da Giulio Manfredonia, lo riporta in scena, ma si divide per tre e gli affianca altre sue creature 'cult', il secessionista Rodolfo Favaretto e lo stupefacente mistico Frengo Stoppato, nella commedia "Tutto tutto niente niente", di cui sono in corso le riprese nell'area del borgo di Fogliano (Latina) all'interno del Parco Nazionale del Circeo.
"I tre personaggi fanno un percorso comune, dal carcere al Parlamento, che oggi non è così improbabile", spiega l'attore in una pausa sul set. Il film, che ha nel cast, fra gli altri, anche Lorenza Indovina, Fabrizio Bentivoglio, Lunetta Savino, Paolo Villaggio nei panni di un comico genovese diventato presidente del Consiglio, debutterà, distribuito da 01 (la produzione è Fandango e Leo con Rai Cinema), il 21 dicembre, in 400-500 copie. "N t'u culu ai Maya e alla loro profezia" scherza Albanese, citando Cetto.
L'attore, che oggi a Fogliano ha girato una delle ultime scene, ambientata in un 'buen retiro' in Sudamerica, spiega che la decisione di farsi in tre viene dalla voglia di "disintegrarmi fisicamente in più personaggi (scelta già fatta in La fame e la sete, ndr)" e dal desiderio di continuare a esorcizzare l'Italia di oggi nei suoi estremi, di ridere del momento che stiamo vivendo, in cui siamo tutti a un quarto d'ora da un esaurimento nervoso". Per Cetto questo sarà il canto del cigno: "Chiudiamo il suo ciclo anche se credo che personaggi come lui in Italia ci saranno ancora a lungo". Per Manfredonia, qui per la terza volta regista di Albanese, dopo E' già ieri (2004) e Qualunquemente, la commedia racconta "vari aspetti del Paese, alcuni ridicoli, altri inquietanti, però è anche un modo affettuoso di guardare all'Italia per raccontare le cose che non funzionano, per sconfiggerle con una risata". Nel film Cetto affronta una crisi sia politica che sessuale; il secessionista Favaretto, da imprenditore, per colpa della crisi, si ricicla scafista, mentre Frengo, torna dalla sua latitanza per una religione assoluta. I tre finiscono in carcere, che si rivela un trampolino di lancio verso il Parlamento: "Non è però il parlamento classico, che vediamo sempre in tv. Ce lo siamo reinventato in chiave futurista" dice sibillino Albanese. Questi tre personaggi, "li amo perché li ho creati ma sono mostri, rappresentano quello che non mi piace in questo Paese.
Come i discorsi sulla secessione, che mi fanno ridere, o certi pregiudizi della Chiesa sulle donne e sui gay". Ma del governo dei professori cosa pensa? "Per ora con loro l'Italia è incerottata - dice - vedremo che succede quando si tornerà alla politica". L'idea di un comico genovese presidente del consiglio, "é venuta un anno fa a me e Piero Guerrera quando scrivevamo la sceneggiatura. Non potevamo immaginare il successo elettorale di Grillo ma ci aveva colpito la sua determinazione" commenta Albanese. Il ruolo però non è un ritratto del creatore del movimento 5 Stelle: "Ci divertiva pensare a un comico che una volta presidente del consiglio se ne fregasse di tutto e ci è venuto naturale pensare a Villaggio. Da ragazzino Paolo con i suoi personaggi, da Kranz a Fantozzi, mi ha donato momenti di splendore, è un grande artista, di un'immensa intelligenza". A proposito del debutto a Natale il produttore Domenico Procacci spiega come "all'inizio l'uscita fosse prevista a inizio 2013, ma quando si è saputo che Zalone aveva rimandato l'uscita del suo nuovo film, ci siamo infilati molto velocemente. Non è la tipica commedia natalizia, ma ci è sembrato fosse giusto tentare con un'offerta diversa".