"Se si vuole arrestare la deriva del Paese, occorre dare una sterzata alla politica della giustizia in Italia. Recuperare il terreno perduto, azzerare le nefandezze del passato per costruire un'Italia più giusta". Lo scrive, in un articolo sull'Unità, il procuratore aggiunto alla procura distrettuale antimafia di Palermo Antonio Ingroia, secondo cui "serve un nuovo Piano per la Giustizia, iniziando a capovolgere le priorità: dall'impunità dei potenti a una priorità di supporto alla magistratura anziché di ostacolo".
"Veniamo da una stagione - osserva Ingroia - che ha creato ampie sacche di impunità grazie al combinarsi dei vari ostacoli frapposti all'azione giudiziaria che si sono risolti nell'allungamento a dismisura dei tempi del processo e nella cultura dell'impunità e dell'elusione della legge ben oltre il limite della decenza". Questo, osserva, "ha mortificato l'immagine del nostro Paese agli occhi degli stranieri, investitori compresi, e delle nostre istituzioni agli occhi dei cittadini".
Tra le riforme necessarie, secondo il magistrato, "una 'prescrizione lunga' il cui decorso inizi solo dal momento in cui viene scoperto il delitto e si interrompa con l'apertura del processo", una "riforma delle impugnazioni che possa contemplare l'abolizione dell'appello, e incentivazione dei riti alternativi". Inoltre, aggiunge, "ridurre il contenzioso penale attraverso una robusta depenalizzazione dei reati minori". In materia di diritto penale, sostiene Ingroia, occorre "riformare la normativa anticorruzione e adeguare la legislazione antiriciclaggio e il diritto penale economico". Da cambiare è anche il codice antimafia, "per dargli reale efficacia anche su settori del tutto scoperti". Infine, conclude Ingroia, bisogna "scongiurare il pericolo di rivitalizzare il progetto di legge-bavaglio sulle intercettazioni".
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