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Diritti gay e primarie
Caos all'assemblea Pd

"Tocca a noi" era lo slogan scandito poche ore prima da Pier Luigi Bersani per lanciare la lunga marcia verso il voto del 2013. "Perché altrimenti chi dovrebbe aver fiducia nell'Italia davanti a liste di fantasia, leadership invisibili o agghiaccianti ritorni?", era la domanda posta dal leader Pd in un attacco frontale tanto al Cav. quanto a Grillo. Ma il cammino del Pd sembra avere ancora bisogno di rodaggio: sui diritti delle coppie gay e sulle primarie l'assemblea non riesce a trovare una sintesi e alla fine scoppia il caos tra l'ala più laica e il vertice del partito con Bersani costretto a intervenire per chiudere lo scontro.

In un'assemblea veloce nei tempi ma infuocata per la temperatura e alla fine anche negli animi, Bersani mette in fila il percorso verso le elezioni: lealtà "ma con la nostra identità e anche critiche" al governo Monti, che non rappresenta però l'agenda del Pd. Il Professore, però, "é il pompiere che commette anche errori - è la metafora del segretario Pd - e non l'incendiario", cioé Berlusconi e Tremonti, che hanno messo la miccia per peggiorare la crisi economica in Italia. Il Pd al governo, sintetizza anche Massimo D'Alema, andrà "oltre Monti ma con Monti", unendo rigore e equità.

Chiarito che il dibattito interno tra 'montiani' e laburisti sulla continuità rispetto ai tecnici "é un po' metafisico e fastidiosissimo per la nostra gente", il segretario guarda oltre, alle priorità del Pd e ai suoi obiettivi programmatici. In primis la legge elettorale: "Non ci arrenderemo al Porcellum", assicura Bersani che tiene il punto su "un credibile premio di governabilità" e sui collegi nonostante nel Pd ci sia chi, come Enrico Letta e gli ex Ppi, preferirebbero le preferenze pur di fare la riforma elettorale.

La necessità di capire se e come cambierà la legge elettorale spinge a fissare "entro fine anno" la data delle primarie che sì saranno aperte a tutti ma "non saranno un congresso di partito" ad uso di chi vuole pesare vecchi e nuovi rapporti di forza. Un messaggio chiaro al "rottamatore" Matteo Renzi, che siede quasi nelle ultime file. Ma il sindaco di Firenze non sembra avere alcuna intenzione di rinunciare alla sfida al segretario, pur non chiarendo se il candidato sarà lui: "I giovani del Pd non faranno la fine di Alfano che si è immediatamente rimesso in ordine appena Berlusconi ha detto 'scendo in campo io'".

Renzi, come Arturo Parisi, sente puzza di bruciato e teme che alla fine le primarie non si faranno più. Un sospetto che spinge, nonostante la promessa di Bersani, l'altra area dei quarantenni a chiedere un voto che fissi la data delle primarie. Una mina che poteva essere facilmente disinnescata se non fosse che alla fine dell'assemblea scoppia la 'grana' dei matrimoni gay. L'ala più laica, capitanata da Ivan Scalfarotto e Paola Concia, rifiuta il documento di mediazione che riconosce le unioni omosessuali e chiede un voto sulle nozze gay. Volano fischi contro la presidenza, che nega il voto, e la tensione resta finché Bersani suona il gong: "Su primarie e unioni gay abbiamo assunto impegni, dobbiamo dire con precisione all'Italia che cosa vogliamo. Il paese non è fatto delle nostre beghe", avverte il leader che poco prima, nella sua relazione, aveva chiarito che, per evitare in futuro un'Unione bis, le decisioni spinose saranno prese con un voto a maggioranza. Ma oggi questo non è servito per evitare di rovinare il finale dell'assemblea.

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