Alessandro Spadotto è libero: sta bene ed ora è in viaggio verso Sanaa da Marib, la regione petrolifera ad est della capitale yemenita, dove era stato portato dopo il sequestro avvenuto domenica scorsa a Sanaa. Si conclude così il sequestro del carabiniere, addetto alla sicurezza dell'Ambasciata italiana, che era stato rapito quattro giorni fa, mentre era in un negozio nei pressi della sede diplomatica, dal clan tribale dei Jalal. La notizia del rilascio arriva in Italia dal presidente dell'associazione italo-yemenita, Arhab al Sarhi. E, a stretto giro, viene confermata da qualificate fonti italiane e dalla Farnesina che fa sapere che Spadotto è già in viaggio per la capitale dello Yemen. E da San Vito al Tagliamento, città natale del carabiniere, il padre Augusto a stento trattiene l'emozione: "E' tutto vero, me lo ha confermato la Farnesina. Siamo felicissimi", sono le sue prime parole rilasciate al telefono all'ANSA mentre si affretta ad attaccare: "ringrazio tutti, istituzioni, paese, Arma, amici e parenti. Ma adesso lasciate libero il cellulare, mi hanno detto che sta bene ma devo sentire Alessandro..", si congeda rapidamente. "Grande soddisfazione" arriva anche dal ministro degli Esteri, Giulio Terzi che sottolinea la "rapida soluzione del caso, resa possibile grazie alla straordinaria collaborazione fornita dalle autorità di Sanaa". "Si tratta di un successo che è ancora una volta - aggiunge il capo della diplomazia italiana - il risultato del lavoro tenace e della grande professionalità dei funzionari dell'Unità di Crisi della Farnesina e di tutte le strutture dello Stato coinvolte". Spadotto che a 48 ore dal suo rapimento era riuscito a rompere il silenzio inviando un sms alla fidanzata - "sto bene, non vi preoccupate", aveva scritto martedì - era stato localizzato dalle autorità yemenite nella provincia di Marib, regione petrolifera situata a Est della capitale e segnata dagli scontri - diversi gli attacchi agli oleodotti e gasdotti dell'area - tra tribù locali e forze governative. A rapirlo proprio un membro di una delle tribù dell'area, gli Al-Jalal: Ali Nasser Hariqdane, questo il nome dell'uomo che, ricercato per atti di banditismo, aveva rivendicato la cattura per ottenere dal governo l'immunità e un risarcimento. L'uomo del clan tribale dei Jalal, aveva annunciato all'agenzia yemenita Maareb Press di non avere pretese nei confronti dell'Italia, ma che il rapimento dell'addetto alla sicurezza dell'Ambasciata italiana a Sanaa fosse "solo un modo per fare pressione sul governo yemenita". Un'indicazione che aveva fatto sperare per una veloce soluzione della vicenda. Un appello alla liberazione di Spadotto era giunto anche dal Comitato olimpico yemenita che, da Londra, aveva sottolineato come il rapimento dell'italiano fosse "un atto che nessuno può approvare, contrario alle nostre tradizioni".
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