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Alcoa, manifestanti
lasciano via Molise

Una giornata di tensione e trattative, vissuta fuori e dentro al ministero dello Sviluppo economico: il tavolo sulla vertenza Alcoa sin dalla mattina ha concentrato tutta l'attenzione, blindando Roma. Dentro al dicastero esponenti dell'esecutivo, azienda, enti locali e sindacati; nelle strade di fronte al ministero centinaia di lavoratori sardi in protesta, con operai disperati che hanno manifestato il loro disagio anche con lanci di bombe carta e andando a scontrarsi con le forze dell'ordine. E non sono mancati i feriti. Durante l'incontro qualche timido spiraglio si é aperto: l'Alcoa si sarebbe detta disponibile ad aprire una trattativa con Klesch, azienda con sede a Ginevra attiva nel settore delle commodity, e il ministro Corrado Passera avrebbe definito la vertenza "non un caso impossibile", garantendo il suo "impegno personale" per una soluzione. Anche se a tarda serata arriva la doccia fredda dell'azienza americana: "al momento non c'é nessuna manifestazione di interesse accettabile", scrive in una nota. Gli operai incassano però uno spegnimento più graduale delle celle con l'allungamento dei tempi della fermata dell'impianto, che si spostano a novembre. Il fermo delle celle elettrolitiche sarebbe di fatto rallentato dai primi di ottobre al primo novembre e la fonderia resterebbe in funzione fino al 30 novembre. Inoltre dal 10 novembre partirebbe un'attività di preparazione alla rimessa in funzione di 50 celle. All'ordine del giorno quindi direttamente il futuro dello stabilimento di Portovesme (Sulcis iglesiente), dove la multinazionale statunitense ha deciso di cessare la produzione dell'alluminio. Per consentire una continuità produttiva e occupazione, al sito é legato il destino di 800 persone (500 dipendenti diretti e 300 appaltati), i sindacati hanno subito chiesto un rallentamento del processo di spegnimento della fabbrica e l'azienda ha risposto proponendo un nuovo calendario. Quanto al possibile trasferimento dello stabilimento da Alcoa a un'altra società, l'ipotesi formalmente più concreta è rappresentata da Klesch, l'unica compagnia ad avere indirizzato ad Alcoa il suo interessamento allo stabilimento. E la multinazionale dell'alluminio, nonostante la nota in cui ribadisce come sia "critico che l'impianto venga chiuso in modo ordinato e tempestivamente adeguato", sarebbe disposta ad aprire un vero e proprio negoziato con Klesch (dopo che i colloqui si erano interrotti a giugno). L'altra azienda in campo è la svizzera Glencore, che tuttavia ha manifestato il suo interessamento solo attraverso il ministero dello Sviluppo. Alla fine dell'incontro il dicastero ha spiegato di essere impegnato nel sollecitare le imprese che sono interessare ad "avviare in tempo rapidi le negoziazioni" per il passaggio dell'impianto, ferma restando sia l'adozione di tecniche in grado di far rifunzionare rapidamento lo smelter sia la cig in deroga per i lavoratori dell'indotto. Una convocazione delle due società sarebbe ipotizzabile a breve. Un'altro segnale positivo è arrivato dall'Enel: l'ad Fulvio Conti ha assicurato la "disponibilita"' del gruppo a studiare i progetti proposti dalle istituzioni sulle questioni energetiche che riguardano la Sardegna. Soprattutto hanno rappresentato un'apertura le parole di Passera, impegnato nel "trovare una soluzione", anche se il ministro ha chiarito come Alcoa sia una vertenza "tra le più difficili". Quanto il caso sia complesso lo dimostra anche la lunga trattativa, i tempi fiume dei tavoli e soprattutto l'aspra protesta dei lavoratori: in circa 500 sono giunti nella Capitale dalla Sardegna, hanno organizzato un corteo, da Piazza della Repubblica a Via Molise (di fronte al ministero) e portato avanti per ore e ore un sit. Da subito il livello di tensione è stato alto, con un migliaio di agenti delle forze dell'ordine impegnati. La rabbia si è scatenata con lanci di lamine di alluminio, bottiglie, petardi, bombe carta, a cui sono seguite le cariche. Circa una ventina i feriti e anche l'esponente del Pd, Piero Fassina, è stato spintonato. E la rabbia non è sfumata dopo l'annuncio del rallentamento della chiusura delle celle. I manifestanti inferociti, dopo aver minacciato di non non lasciare Roma, hanno smobilitato da Via Molise solo dopo le 22.00, promettendo però di continuare la lotta in Sardegna. Freddezza e delusione per i risultati raggiunti in serata sono stati espressi anche dai sindacati regionali. Da Cagliari Cgil e Cisl chiedono che la vertenza coinvolga direttamente Palazzo Chigi.

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