L'attacco al consolato Usa a Bengasi e' stata una "vendetta per l'uccisione di Abu Yaya al-Libi, numero 2 di Al-Qaeda", ucciso da un drone in Pakistan nel giugno scorso. Lo sostiene il think tank londinese Quilliam, ripreso dalla Cnn, secondo il quale "e' stato il lavoro di una ventina di miliziani, preparati per un assalto armato".
A sostegno dell'ipotesi, l'organizzazione londinese cita l'uso di lancia granate solitamente non utilizzate durante le proteste e il fatto che non ci siano state altre dimostrazioni in Libia eccetto Bengasi. Si sarebbe trattato di un assalto in due tempi, con un primo attacco che ha costretto il personale del consolato a spostarsi in un luogo sicuro, dove poi sono stati colpiti. Tra le piste ipotizzate, oltre a quella della vendetta di Al-Qaeda per l'uccisione del numero 2 Abu Yaya al-Libi, sono stati citati "nostalgici del vecchio regime" di Muammar Gheddafi.
A parlarne e' stato il sottosegretario del ministero dell'Interno libico per la parte orientale del Paese, Wanis Asharef. In una conferenza stampa ripresa dal sito in lingua araba di United Press International, Asharef, citando una lettera giunta alle autorita' libiche, ha indicato l'attacco come ritorsione per l'estradizione dell'ex capo dell'intelligence sotto Muammar Gheddafi, Abdullah Senussi, trasferito a Tripoli all'inizio di settembre dopo essere stato arrestato cinque mesi fa in Mauritania. Dalle prime indagini sull'attacco al consolato Usa di Bengasi emerge che l'azione e' stata pianificata in anticipo e gli assalitori avrebbero utilizzato le proteste come diversivo. E' quanto riferisce la Cnn, citando fonti americane.
Altre fonti citate dall'emittente sostengono che droni Usa potrebbe presto sorvolare la Libia orientale in cerca di campi jihadisti che potrebbero essere collegati all'attacco. Non e' chiaro se le proteste siano state istigate per lanciare l'attacco o se invece sia stata semplicemente colta l'occasione delle manifestazioni contro il film blasfemo su Maometto per agire. Secondo le fonti, l'ambasciatore J. Christopher Stevens non era l'obiettivo specifico dell'attacco.
La Cnn riferisce inoltre come atteso il coinvolgimento attivo dell'Fbi nelle indagini sull'uccisione dell'ambasciatore e di altre tre cittadini statunitensi in Libia. "Ogni volta che un americano viene attaccato o ucciso all'estero, l'Fbi ha l'autorita' di indagare", ha affermato una fonte citata in condizione di anonimato. I primi ad arrivare sulla scena del crimine all'estero sono solitamente funzionari per gli affari giuridici gia' dispiegati nella regione - in questo caso, potrebbe essere il personale presente in Egitto e in Algeria, ma non in Libia - seguiti poi da team di agenti chiamati a garantire la sicurezza sulla scena del crimine, raccogliere prove e condurre analisi forensi.
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