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Film anti-islam
dilaga la protesta

 

Nakoula Basseley Nakoula, il cristiano copto di origini egiziane che vive a 40 km da Los Angeles e dice di essere uno dei produttori del film anti-islam che da due giorni ha scatenato proteste in tutto il mondo, è stato interrogato da funzionari delle autorità federali. Lo riferisce la polizia. 
Nakoula Basseley Nakoula non è stato "ammanettato" e "ha lasciato la sua casa volontariamente", riferiscono fonti di polizia precisando che il produttore è stato accompagnato dal vice sceriffo presso la stazione di polizia di Cerritos, dove è residente, per incontrare i funzionari federali.
 Le forze di sicurezza tunisine sarebbero state impegnate, nel corso della notte, stando a quanto apprende l'Ansa, in una vasta operazione mirata a trovare coloro che hanno orchestrato gli incidenti di ieri davanti all'ambasciata americana e i principali responsabili degli scontri. In particolare, la polizia sarebbe sulle tracce di attivisti e predicatori salafiti che, con le loro parole, hanno alimentato la protesta poi sfociata nei disordini.
I talebani afghani hanno rivendicato oggi l'attacco armato a Camp Bastion, la base della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) nella provincia di Helmand dove si trova fra l'altro il principe Harry, giustificandola come "una vendetta dell'Emirato islamico dell'Afghanistan per gli insulti al profeta Maometto". In un comunicato, il portavoce Yusouf Ahmadi ha precisato che "decine di mujaheddin pesantemente armati ed in cerca del martirio hanno attaccato la base poco dopo la mezzanotte".

Il mondo musulmano è in fiamme, la rabbia dilaga. Gli scontri sono proseguiti anche nella notte: un gruppo di salafiti ha attaccato e incendiato una caserma della Guardia nazionale a Biserta. Un attacco è stato, poi, portato contro un'altra caserma della Guardia nazionale, a Ettadhamen, nella periferia ovest della capitale, ma gli agenti sono riusciti a respingere gli assalitori con un fitto lancio di granate lacrimogene. Nakoula Basseley Nakoula, il cristiano copto di origini egiziane che vive a 40 km da Los Angeles e dice di essere uno dei produttori del film anti-islam che da due giorni ha scatenato proteste in tutto il mondo, è stato interrogato da funzionari delle autorità federali.

E' tornata la calma nei pressi dell'ambasciata Usa al Cairo e dell'adiacente piazza Tahrir dopo che le forze dell'ordine hanno proceduto ad evacuare la zona, teatro di scontri per tre giorni consecutivi, dai manifestanti. Decine di persone sono state arrestate mentre il bilancio del ministero dell'interno riferisce di 99 agenti rimasti feriti o contusi. Il ministro dell'Interno Gamal Eddine ha dato atto della "grande saggezza"dimostrata dalle forze dell'ordine durante gli scontri per il film anti-islam.

Ieri sono state attaccate le ambasciate Usa un po' ovunque e le sedi diplomatiche tedesca e britannica in Sudan. Proprio qui ci sono stati tre dei sette morti rimasti sul terreno negli scontri - in alcuni casi violentissimi, in altri più blandi - con le forze di sicurezza intervenute a impedire saccheggi e vandalismi e a fermare gli assalti con ampio uso di gas lacrimogeni e idranti, ma anche sparando ad altezza d'uomo. In Tunisia vi sono state altre due vittime e una trentina di feriti, alcuni in gravissime condizioni. E poi un giovane ha perso la vita al Cairo, in Egitto, mentre nella Tripoli libanese una persona è stata uccisa nel giorno in cui papa Benedetto XVI, in visita nella capitale Beirut, chiedeva il trionfo della pace e dell'amore sulla guerra e sull'odio.

A Khartoum, in SUDAN, l'ambasciata tedesca è stata temporaneamente invasa da alcune decine di dimostranti che sono anche riusciti a strappare la bandiera tedesca, mentre la grande massa è stata bloccata all'esterno e si è poi avviata, in una marcia furiosa, verso la sede diplomatica statunitense. In diecimila si sono riversati verso il compound senza però riuscire a sfondare. E anche i britannici sono riusciti a difendere i loro edifici, bloccando a distanza i fondamentalisti che agitavano i vessilli neri dell'integralismo e bruciavano - al grido di 'Allah Akhbar' - le bandiere americane e israeliane.

L'altro Paese pesantemente coinvolto nelle rabbiose manifestazioni di oggi è stata la TUNISIA. Anche qui giovani inferociti sono riusciti a penetrare oltre la cinta muraria dell'ambasciata Usa, nonostante le forze di sicurezza sparassero anche ad altezza d'uomo. Sono stati respinti solo dopo alcune ore lasciando sul terreno decine di feriti, due dei quali sono poi morti in ospedale. Nel frattempo, anche la scuola americana a Tunisi era stata incendiata e gravemente danneggiata.

Difficile anche la situazione al Cairo, benché i Fratelli musulmani del presidente Mohamed Morsi avessero ritirato un loro precedente appello a scendere in piazza in tutto l'EGITTO. Centinaia di persone hanno continuato per tutta la giornata a fronteggiare la polizia, schierata massicciamente a protezione dell'ambasciata americana. E in serata è stato trovato nei pressi di una moschea il cadavere di un giovane.

In LIBANO l'uomo ucciso dalle forze di sicurezza aveva dato l'assalto a un fast food americano a Tripoli, seconda città del Paese. Anche qui i feriti sono stati una trentina. In difficoltà, dopo i quattro morti di ieri, anche le autorità yemenite che a Sanaa sono nuovamente intervenute in forze con lacrimogeni e idranti, riuscendo a tenere i manifestanti a circa 500 metri dalla sede diplomatica Usa. La situazione è però molto pesante, tant'é che Washington, dopo aver inviato marines e droni a Bengasi in Libia, ha comunicato l'invio di altri marines a protezione delle installazioni occidentali nella capitale yemenita.

Ma i Paesi che hanno visto oggi gli Stati Uniti sotto attacco con dimostrazioni di massa 'globali' sono stati veramente molti. In IRAN migliaia di persone si sono radunate a Teheran al grido di 'Morte all'Americà e 'Morte a Israele'; in IRAQ altre migliaia di musulmani hanno sfilato a Bassora scandendo 'Non c'é libertà quando si offendono un miliardo di musulmanì. Il continente Africa ha registrato altre dimostrazioni in MAROCCO, MAURITANIA, KENYA e NIGERIA ma qui le forze di sicurezza hanno mantenuto con decisione il controllo delle situazioni più a rischio. Fino all'ALGERIA, dove il governo ha tagliato alla radice il problema, vietando e impedendo qualunque tipo di assembramento. In Asia, dopo l'IRAN la protesta più imponente ha visto diecimila persone in piazza a Dacca, in BANGLADESH: anche qui bandiere americane e israeliane bruciate oltre a slogan rabbiosi contro "gli insulti al nostro grande profeta". Come in numerose città del PAKISTAN, a Giakarta in INDONESIA o in INDIA, a Madras, dove 86 persone sono state arrestate mentre marciavano verso il consolato Usa, e in AFGHANISTAN.

Oltre 500 persone sono scese in piazza a Sidney, in AUSTRALIA, per protestare contro il film anti-islam prodotto negli Stati Uniti che da due giorni sta scatenando manifestazioni in tutto il mondo. Lo riferiscono media locali che parlano di arresti tra i manifestanti dopo scontri con la polizia che ha lanciato lacrimogeni. "Decapitazione per tutti quelli che insultano il profeta", hanno gridato i manifestanti.

Gli Stati Uniti assicureranno alla giustizia i responsabili di tutti gli attacchi contro di loro. E' il monito che il presidente Barack Obama ha lanciato nel discorso funebre tenuto dinanzi alle bare dei quattro caduti americani dell'assalto di martedì contro il consolato americano di Bengasi (Libia) di martedì. "Tutti i governi - ha poi avvertito Obama - sono obbligati a proteggere i nostri diplomatici nei loro Paesi".

Gli Usa stanno dispiegando forze militari in 17-18 luoghi in tutto il mondo islamico. Lo ha annunciato il segretario americano alla Difesa Leon Panetta alla rivista Foreign Policy senza fornire indicazioni precise su luoghi e numeri. "Dobbiamo essere preparati nel caso in cui le protese dovessero sfuggire di mano", ha aggiunto Panetta precisando che comunque "una manifestazione di estremisti non è necessariamente espressione del sentire di tutto un paese, come all'epoca del Ku Klux Klan negli Stati Uniti".

MONTI-MERKEL, COMUNE PREOCCUPAZIONE PER VIOLENZE - Il premier Mario Monti e la Cancelliera tedesca Angela Merkel hanno ''espresso una comune preoccupazione nei confronti della situazione in Medio Oriente, a seguito di recenti manifestazioni di violenza''. E' quanto si legge in una nota di Palazzo Chigi che riferisce di una telefonata tra i due leader europei.

FARNESINA, AVVIATE MISURE PROTEZIONE AMBASCIATE ITALIANE - "La Farnesina ha avviato tutte le misure necessarie per la protezione sia del personale diplomatico che delle comunità italiane" nei Paesi coinvolti in cui si sono verificati i recenti incidenti e scontri legati alle proteste contro un film considerato offensivo verso l'Islam. Lo ha detto il ministro degli Esteri Giulio Terzi a margine di un suo intervento oggi alla manifestazione Atreju 'la Festa di Giovane Italia' a Roma.

ONU CONDANNA, PROTEGGERE I DIPLOMATICI - Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu condanna con la "massima fermezza" gli attacchi contro le sedi consolari e il personale diplomatico degli stati membri. I quindici ribadiscono che tali "atti sono ingiustificabili a prescindere dalle loro motivazioni" e invitano tutte le autotità a proteggere le sedi e il personale diplomatico e rispettare pienamente i loro obblighi internazionali.

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