''Il successore di Steve Jobs potrebbe arrivare dalla Cina. Lì ho visto dei giovani formidabili, magari più lanciati sui videogiochi, ma con idee, freschezza e innovazione". Parola di Marco Landi, italiano, numero 2 della Apple a metà anni '90 quando Steve Jobs era andato via da Cupertino e aveva fondato la Next, poi rivelatasi un fallimento. L'incredibile storia di questo vivace manager italiano, classe 1943, che ora vive in Francia ed è consulente per diverse aziende, è raccolta nell'ebook 'Da Chianciano a Cupertino: un manager ai vertici della Apple' che uscirà su Amazon.com il prossimo 5 ottobre, anniversario della morte di Steve Jobs, o semplicemente 'Steve' come lo chiama Landi.
"Al momento però non c'é un suo successore, perché lui nasce attraverso la sofferenza - spiega Marco Landi all'ANSA -. Non aveva mai voluto riconoscere i genitori biologici. Non si confidava con nessuno, non si riusciva a cooperare con lui, era sempre sotto pressione, andava sempre di fretta. Le riunioni le faceva per telefono, in videoconferenza. Era burrascoso fuori e dentro di sé. Oggi associo Steve Jobs al genio, penso sia stato un predestinato, ma allora di lui pensavo 'che fortuna!'". E Landi - che da responsabile Texas Instruments Europa nel '94 era passato a fare il manager Apple grazie ad un'offerta di un cacciatore di teste - spiega la fortuna di Jobs.
"Quando l'ho conosciuto Steve non se la passava molto bene, era andato via dalla Apple e aveva fondato la Next che doveva fare il post computer di Cupertino, ma non era riuscita. Aveva chiuso fabbrica e uffici e gli era rimasto solo il sistema operativo Next OS. La fortuna vuole che proprio la Apple che lo aveva messo alla porta e che a sua volta non navigava in buone acque si mette sul mercato per comprare un sistema operativo. Tra i vari contendenti la spunta Jobs, che si fa anche riassumere come 'advisor', consulente. Di lì a due anni si riprende la società, costringendo alle dimissioni il presidente Gil Amelio - di cui non aveva stima, lo chiamava 'boozoo', nullità - e a cascata tutti gli altri dirigenti, me compreso". Le strade di Landi e Jobs si incrociano qualche anno dopo.
"Quando sono andato via, Apple non era ancora in buone acque e con Telecom facemmo due proposte a Jobs: la prima di acquistare la società, la seconda di fabbricare una linea di iMac connessi alla rete a basso costo. Era il '98 e volevamo digitalizzare l'Italia. Se penso che sono passati tanti anni e ancora si parla di Agenda digitale...", dice Landi con un po' di ironia. L'affare però non va in porto perché il management dell'azienda italiana cambia e viene meno la disponibilità. Poi la Apple è diventata quello che tutti sappiamo.
"L'intuizione di Steve - continua Landi - è stata di dividere l'azienda in due parti, hardware e software e di dare spazio all'entertainment, di andare oltre il pc. Infatti ad un certo punto la Apple ha perso la dicitura 'Computer' (nel 2007, ndr)", osserva il manager che aggiunge: "Per il momento quello che Apple sta facendo è sotto l'onda lunga della magia di Steve. E lui aveva altri progetti in mente. Il prossimo passo che mi aspetto è l'entrata nel mondo della tv, con una iTv rivoluzionaria come fu l'iMac a suo tempo per il pc, ma anche la tv broadband sui telefonini e il comando vocale dappertutto".
"Per giudicare l'impatto di Tim Cook, dovremo aspettare tre anni", sottolinea Landi che riguardo un possibile lancio del mini iPad, progetto non molto appoggiato da Jobs, spiega: "Forse non lo amava perché non aveva visto quello che i competitor come Samsung stanno facendo. Oggi l'azienda coreana vende più di Apple e non ci dimentichiamo che il verdetto sui brevetti a favore di Cupertino è californiano, quindi è giocato in casa. Se si guarda la storia di Steve - conclude Landi - va detto che lui ha preso l'idea del pc dal Palo Alto Research Center, rubandolo praticamente alla Rank Xerox. Il primo copiatore di idee è lui. Se solo si ricordassero anche di questo...".
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