Lunedì 23 Dicembre 2024

"E' un cinese
il prossimo Jobs"

''Il successore di Steve Jobs potrebbe arrivare dalla Cina. Lì ho visto dei giovani formidabili, magari più lanciati sui videogiochi, ma con idee, freschezza e innovazione". Parola di Marco Landi, italiano, numero 2 della Apple a metà anni '90 quando Steve Jobs era andato via da Cupertino e aveva fondato la Next, poi rivelatasi un fallimento. L'incredibile storia di questo vivace manager italiano, classe 1943, che ora vive in Francia ed è consulente per diverse aziende, è raccolta nell'ebook 'Da Chianciano a Cupertino: un manager ai vertici della Apple' che uscirà su Amazon.com il prossimo 5 ottobre, anniversario della morte di Steve Jobs, o semplicemente 'Steve' come lo chiama Landi.

 "Al momento però non c'é un suo successore, perché lui nasce attraverso la sofferenza - spiega Marco Landi all'ANSA -. Non aveva mai voluto riconoscere i genitori biologici. Non si confidava con nessuno, non si riusciva a cooperare con lui, era sempre sotto pressione, andava sempre di fretta. Le riunioni le faceva per telefono, in videoconferenza. Era burrascoso fuori e dentro di sé. Oggi associo Steve Jobs al genio, penso sia stato un predestinato, ma allora di lui pensavo 'che fortuna!'". E Landi - che da responsabile Texas Instruments Europa nel '94 era passato a fare il manager Apple grazie ad un'offerta di un cacciatore di teste - spiega la fortuna di Jobs.

 "Quando l'ho conosciuto Steve non se la passava molto bene, era andato via dalla Apple e aveva fondato la Next che doveva fare il post computer di Cupertino, ma non era riuscita. Aveva chiuso fabbrica e uffici e gli era rimasto solo il sistema operativo Next OS. La fortuna vuole che proprio la Apple che lo aveva messo alla porta e che a sua volta non navigava in buone acque si mette sul mercato per comprare un sistema operativo. Tra i vari contendenti la spunta Jobs, che si fa anche riassumere come 'advisor', consulente. Di lì a due anni si riprende la società, costringendo alle dimissioni il presidente Gil Amelio - di cui non aveva stima, lo chiamava 'boozoo', nullità - e a cascata tutti gli altri dirigenti, me compreso". Le strade di Landi e Jobs si incrociano qualche anno dopo. 

"Quando sono andato via, Apple non era ancora in buone acque e con Telecom facemmo due proposte a Jobs: la prima di acquistare la società, la seconda di fabbricare una linea di iMac connessi alla rete a basso costo. Era il '98 e volevamo digitalizzare l'Italia. Se penso che sono passati tanti anni e ancora si parla di Agenda digitale...", dice Landi con un po' di ironia. L'affare però non va in porto perché il management dell'azienda italiana cambia e viene meno la disponibilità. Poi la Apple è diventata quello che tutti sappiamo. 

"L'intuizione di Steve - continua Landi - è stata di dividere l'azienda in due parti, hardware e software e di dare spazio all'entertainment, di andare oltre il pc. Infatti ad un certo punto la Apple ha perso la dicitura 'Computer' (nel 2007, ndr)", osserva il manager che aggiunge: "Per il momento quello che Apple sta facendo è sotto l'onda lunga della magia di Steve. E lui aveva altri progetti in mente. Il prossimo passo che mi aspetto è l'entrata nel mondo della tv, con una iTv rivoluzionaria come fu l'iMac a suo tempo per il pc, ma anche la tv broadband sui telefonini e il comando vocale dappertutto". 

"Per giudicare l'impatto di Tim Cook, dovremo aspettare tre anni", sottolinea Landi che riguardo un possibile lancio del mini iPad, progetto non molto appoggiato da Jobs, spiega: "Forse non lo amava perché non aveva visto quello che i competitor come Samsung stanno facendo. Oggi l'azienda coreana vende più di Apple e non ci dimentichiamo che il verdetto sui brevetti a favore di Cupertino è californiano, quindi è giocato in casa. Se si guarda la storia di Steve - conclude Landi - va detto che lui ha preso l'idea del pc dal Palo Alto Research Center, rubandolo praticamente alla Rank Xerox. Il primo copiatore di idee è lui. Se solo si ricordassero anche di questo...".

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