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La Consulta chiede
le telefonate

Un nuovo fronte di polemica si apre sull'inchiesta riguardante la trattativa fra Stato e mafia, al centro di un conflitto di attribuzione sollevato dal Capo dello Stato. La Consulta, chiamata a decidere il ricorso presentato da Giorgio Napolitano contro la Procura di Palermo, ha chiesto ai pm siciliani, fra le altre cose, il numero e le date delle telefonate intercettate dalla Dia e riguardanti conversazioni fra il presidente della Repubblica e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino. Soprattutto, i giudici della Corte costituzionale, con la loro ordinanza istruttoria, arrivata ieri nel capoluogo siciliano, chiedono i "brogliacci".

"Ingroia morira'", telefonata di minacce a tribunale Palermo

Si tratta delle sintesi delle conversazioni captate per caso - cosi' ha sempre sostenuto il procuratore, Francesco Messineo - mentre i magistrati cercavano di scoprire se Mancino, all'epoca non ancora indagato, dicesse la verita' quando negava la trattativa. Napolitano ha poi sollevato la questione per la decisione dell'ufficio inquirente di non distruggere subito le conversazioni. La Consulta non vuol conoscere i dialoghi fra Napolitano e Mancino, oggi imputato per falsa testimonianza, ma pretende i brogliacci, anche se privi delle annotazioni degli investigatori che racchiudono il contenuto delle conversazioni.
  Una richiesta giudicata poco chiara dai magistrati, che non fanno commenti ma si apprestano a mandare a Roma una richiesta di chiarimenti. Oltre a definire "perlomeno inusuale" l'iniziativa, valutata anche come "un'intromissione, un'invasione di campo". Fra le altre richieste anche la copia dei provvedimenti di separazione tra i vari pezzi dell'inchiesta: richiesta che sembra mirata a capire in quale parte del fascicolo siano i dialoghi (mai trascritti, perche' giudicati "irrilevanti" dagli stessi pm) fra Napolitano e Mancino, ma anche se e quando siano stati fatti gli stralci e se vi siano altre parti dell'indagine ancora in corso. Iniziative come queste sono prerogativa degli ispettori del ministero della Giustizia, che in questo caso pero' non si sono mai mossi. Nella loro ordinanza i giudici costituzionali citano pero' le regole che li autorizzano a superare i divieti posti dalla legge. La Consulta e' chiamata a decidere non il merito, ma la legittimita' e la conformita' alle prerogative costituzionali del Capo dello Stato della decisione dei magistrati palermitani di rivolgersi al Gip perche' egli decida se distruggere o meno le conversazioni giudicate "irrilevanti". L'ordinanza e la notifica del ricorso da parte del Quirinale, avvenuta lunedi', pone un'altra questione, che lascia perplessi il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e gli altri pm del pool, Francesco Del Bene, Nino Di Matteo, Lia Sava e Roberto Tartaglia: si tratta del dimezzamento dei termini per la valutazione dei ricorsi, sceso da 50 a 25 giorni complessivi. Questo significa che i legali nominati ieri dalla Procura dovranno depositare le loro osservazioni entro il 4 o il 5 ottobre. Gli avvocati "titolari" sono Alessandro Pace e Giovanni Serges, ammessi al patrocinio davanti alla Consulta.
  Nel collegio di difesa anche Mario Serio, palermitano, ex membro del Csm. Intanto Ingroia ha chiesto una proroga all'Onu, prima di trasferirsi in Guatemala, e dovrebbe essere presente all'udienza preliminare dell'inchiesta trattativa, fissata per il 29 ottobre davanti al Gup Piergiorgio Morosini.

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