Tre anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici, limitata agli uffici che hanno "uso di potere". E' la richiesta del promotore di giustizia Nicola Picardi nel processo contro Paolo Gabriele per furto aggravato. L'accusa, partendo dalla pena di 4 anni, ne ha chiesto la diminuzione di un anno per le attenuanti generiche.
"La cosa che sento forte dentro di me è la convinzione di aver agito per esclusivo, direi viscerale, amore per la Chiesa di Cristo e per il suo capo visibile. E se lo devo ripetere non mi sento un ladro". Queste le ultime parole dell'imputato Paolo Gabriele prima che la corte si ritirasse per decidere la sentenza.
La difesa di Paolo Gabriele ha chiesto la derubricazione del reato di furto ad appropriazione indebita o in subordine il minimo della pena prevista per il furto. Questo, ha aggiunto l'avvocato, considerate le esimenti prevalenti o equivalenti rispetto alla contestata aggravante. Se la richiesta di derubricazione venisse accolta dal tribunale non ci sarebbe pena, è stato spiegato al termine dell'udienza, perché questo reato richiede la querela di parte.
Andrea Gabriele, padre di Paolo l'ex maggiordomo del Papa, ha assistito nell'aula del tribunale vaticano all'ultima udienza del processo del figlio. E' stata la prima volta che un parente era presente al processo.
Sarà il presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Dalla Torre a leggere oggi la sentenza con cui si conclude il processo. Un processo-lampo, solo quattro udienze, che, dopo la requisitoria del promotore di giustizia Nicola Picardi, l'arringa dell'avvocato difensore Cristiana Arru e l'eventuale "ultima parola" dell'imputato, potrebbe vedere la lettura della sentenza già nella tarda mattinata.
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