E' incandescente il confine fra Siria e Turchia, dove anche oggi un colpo di mortaio siriano è caduto in un campo a 50 metri all'interno del territorio turco nell'area di Antiochia (Hatay), scatenando il fuoco di ritorsione delle forze armate turche. "Non ci interessa la guerra, ma non ne siamo neppure lontani", aveva tuonato poco prima il premier turco Tayyp Erdogan. La relativa calma che sembrava essere tornata ieri sera dopo due giorni di fuoco - a seguito della strage di cinque civili provocata mercoledì nella cittadina di Akcakale da un colpo di mortaio siriano e i bombardamenti di risposta di Ankara verso obiettivi siriani lungo il confine - è stata dunque di breve durata.
Dalla comunità internazionale è giunta una condanna unanime dell'incidente di Akcakale, insieme ad appelli alla moderazione fra i due vicini mediorientali. Ma la tregua armata scattata fra Ankara e Damasco appare molto fragile, a rischio di incidenti e provocazioni. Ieri il parlamento turco ha autorizzato per un anno possibili operazioni armate in Siria, se il premier Erdogan lo riterrà necessario. Il rischio di un conflitto fra Turchia e Siria, dalle conseguenze potenzialmente disastrose per tutto il Medio Oriente, rimane quindi alto. Erdogan mercoledì sera ha detto che Ankara "non vuole iniziare una guerra contro la Siria".
Oggi lo ha ripetuto, ma lanciando anche minacciosi moniti a Damasco. "Non ci interessa la guerra, ma non ne siamo neppure lontani", ha detto a Istanbul. "Lo dico ancora una volta al regime Assad e ai suoi sostenitori: non arrischiatevi a mettere alla prova la pazienza della Turchia", ha tuonato con retorica muscolare, "sarebbe un errore fatale": "La Turchia uscirebbe senza un graffio da qualsiasi incidente, ma voi ne uscireste a pezzi, paghereste un prezzo molto alto". Secondo la stampa turca, Ankara sta rafforzando il dispositivo militare lungo il confine con la Siria. Blindati e batterie di missili anti-aerei sono stati inviati nell'area di Akcakale.
Secondo Hurriyet la Turchia sta spostando navi militari dalla base di Golcuk vicino a Istanbul verso il Mediterraneo. "Si dice, 'se vuoi la pace, preparati alla guerra' ", ha detto oggi Erdogan: "Questa nazione, ha ricordato, è arrivata dove è oggi dopo avere attraversato guerre intercontinentali". La retorica aggressiva del premier non sembra però condivisa dalla maggioranza della popolazione. I sondaggi mostrano, rileva l'analista Sedat Ergin, che il popolo turco non appoggia la linea aggressiva del governo sulla Siria ed è fortemente contrario a un intervento militare. Migliaia di persone giovedì sera hanno manifestato a Piazza Taksim nel cuore di Istanbul per dire 'Savas sa hayir!', 'No alla guerra!'. Uno slogan che spopola sulle reti sociali turche. Secondo Zaman, Damasco per evitare nuovi incidenti con Ankara avrebbe ordinato ai suoi aerei di non avvicinarsi a meno di 10 km dal confine, e all'esercito di impdire la caduta di proiettili in territorio turco. Un conflitto fra i due paesi vicini non sarebbe a vantaggio di nessuno, a parte dei ribelli sunniti. Una scintilla - ancora vitime per un proiettile venuto dal territorio siriano - rischierebbe di fare precipitare le cose.
Le immagini in bianco e nero d'archivio trasmesse per tutta la giornata dalla tv di Stato siriana per ricordare l'inizio, 39 anni fa, della "Guerra di liberazione" lanciata nel 1973 contro Israele, si sono sovrapposte oggi con quelle amatoriali che mostrano uno, forse due o addirittura tre velivoli governativi precipitare a terra dopo esser stati abbattuti da ribelli anti-regime. Mentre torna a infiammarsi la frontiera siro-turca con un nuovo botta e risposta a colpi di mortaio dai due territori, dei ribelli operativi a est di Damasco hanno annunciato di aver conquistato una base aerea dove sono immagazzinati alcuni missili terra-aria. Si tratta però di informazioni che non possono essere verificate sul terreno a causa delle restrizioni imposte ai giornalisti da parte del governo siriano e ai rischi di addentrarsi in aperti teatri di battaglia tra ribelli e forze lealiste.
La giornata di violenza, che secondo bilanci provvisori ha finora mietuto circa 60 morti, era cominciata poco prima dell'alba con intensi bombardamenti aerei e d'artiglieria governativi sulle principali città ribelli. Una delle località più colpite era stata Homs. Pesantemente colpita anche la regione meridionale di Daraa, mentre attorno a Damasco sono caduti mortai e barili bomba da ieri notte. Scenario analogo a nord della regione nord-orientale di Raqqa, dove le forze governative hanno cercato di vincere la resistenza dei ribelli a ridosso della frontiera con la Turchia. A Salma, località della regione nord-occidentale di Latakia, era stato bombardato un ospedale da campo allestito dai residenti per curare i feriti che non vengono accettati negli ospedali pubblici gestiti dal regime.
E come ormai accade da due mesi, numerosi quartieri di Aleppo controllati dai ribelli sono stati presi di mira dai bombardamenti governativi. In particolare, gli ordigni sganciati dai Mig di Damasco hanno colpito, secondo testimoni, il quartiere orientale di Sakhur. L'agenzia ufficiale siriana Sana afferma che "gli eroici soldati (governativi) hanno ripulito Sakhur dai terroristi e mercenari". Gli stessi che, secondo la tv di Stato, sono annidati a Qudsaya, sobborgo a ovest di Damasco e sede del quartier generale della Guardia repubblicana. In questo quadro, i ribelli hanno lanciato un ultimatum di 48 ore al regime: stop bombardamenti o verranno uccisi gli 40 iraniani, catturati nelle settimane scorse e accusati di essere membri dei Pasdaran. Tuttavia, il teatro di battaglia più caldo è stato oggi la Ghuta orientale, un tempo verdeggiante oasi attorno alla capitale e da anni satura di periferie-dormitori, roccaforti del dissenso anti-regime da mesi controllate dai ribelli: disertori dell'esercito e residenti che hanno imbracciato le armi.
Secondo le ricostruzioni dei vari comitati di coordinamento e del Consiglio militare dei ribelli di Damasco, un primo Mig è stato abbattuto a sud di Duma, mentre un elicottero è stato colpito ed è precipitato a Hamuriye, al centro della Ghuta. Poco dopo, ribelli di Muhasan, località nella regione di Dayr az Zor, hanno pubblicato un filmato in cui si mostra un velivolo, forse un Mig, precipitare a terra. Se tutte queste notizie fossero confermate, in un solo giorno i ribelli sarebbero riusciti ad abbattere due caccia, un elicottero e a conquistare una base aerea con missili terra-aria. "Vogliamo armi e non dichiarazioni per difendere i nostri figli dalle uccisioni" è stato lo slogan delle manifestazioni anti-regime svoltesi oggi, come ogni venerdì di preghiera nelle principali località in rivolta.
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