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Gli esperti si dimettono
Protezione civile a rischio

Raffica di dimissioni eccellenti all'indomani della condanna di sette scienziati ed esperti che ''non allertarono'', anzi ''minimizzarono'' i rischi di un terremoto a L'Aquila. Via i vertici della Grandi Rischi: non solo il presidente, il fisico Luciano Maiani, ma anche il presidente emerito Giuseppe Zamberletti e il vicepresidente Mauro Rosi hanno rassegnato dimissioni a  Monti. Maiani ha deciso di dimettersi per "l'impossibilità di lavorare serenamente e offrire pareri di alta consulenza scientifica allo Stato in condizioni così complesse". Hanno lasciato poi anche altri membri della Grandi Rischi, come Roberto Vinci, del Cnr. Anche il direttore dell'ufficio rischio sismico della Protezione Civile, Mauro Dolce, tra i sette condannati, ha presentato le dimissioni. Il Dipartimento sottolinea che "all'esito dell'iter amministrativo previsto, il professore verrà assegnato ad altro incarico".

APPELLO FRA UN ANNO, DIFESE PREPARANO RICORSO - Le difese dei sette condannati hanno previsto la fissazione del processo d'appello tra l'autunno e la fine del 2013. Entro 90 giorni verranno depositate le motivazioni e poi le difese lavoreranno al ricorso per cui hanno a disposizione 45 giorni. E' l'avvocato Marcello Melandri, che assiste Enzo Boschi, a tracciare la linea. "Aspetteremo le motivazioni e poi lavoreremo all'appello sperando in un risultato migliore". All'indomani della sentenza "sono ancora più incredulo, ci ripenso e mi chiedo il perché", commenta.

PROTEZIONE CIVILE, ORA PARALISI ATTIVITA' - La prima conseguenza della sentenza di condanna emessa ieri nei confronti dei componenti della ex commissione Grandi rischi è "la paralisi delle attività di previsione e prevenzione". Lo afferma il Dipartimento della Protezione civile. Si arriverà alla paralisi, nota il Dipartimento, "poiché è facile immaginare l'impatto di questa vicenda su tutti coloro che sono chiamati ad assumersi delle responsabilità in questi settori considerati i pilastri di una moderna Protezione civile". Il rischio, sottolinea, "é che si regredisca a oltre vent'anni fa, quando la Protezione civile era solo soccorso e assistenza a emergenza avvenuta. Oppure che chi é incaricato di valutare finisca per alzare l'allerta al massimo livello ogni qualvolta i modelli previsionali forniscano scenari diversificati, generando una crescita esponenziale di allarmi che provocheranno assoluta sfiducia nei confronti di chi li emette o situazioni di panico diffuso tra la popolazione". "In entrambi i casi - prosegue la Protezione civile - le Istituzioni, primi fra tutti i Sindaci, che per legge hanno l'obbligo di pianificare e prendere decisioni a tutela dei propri cittadini, lo dovranno fare senza il fondamentale supporto di coloro che fino a ieri, avendo le necessarie competenze ed esperienze, fornivano valutazioni e interpretazioni sui molteplici rischi che interessano il territorio italiano e che da oggi non si sentono più tutelati dal Paese per cui prestano servizio". Tra le conseguenze che si stanno già ripercuotendo sul servizio nazionale di Protezione civile a seguito della sentenza di condanna emessa ieri dal tribunale dell'Aquila, il Dipartimento cita le dimissioni formalmente presentate al presidente del Consiglio da parte dei componenti della Commissione Grandi rischi, oltre a quelle di Mauro Dolce, direttore dell'Ufficio rischio sismico del Dipartimento.

IL MONDO DELLA SCIENZA INSORGE - Levata di scudi del mondo scientifico internazionale dopo la condanna dei super esperti che ''non allertarono'' gli aquilani, anzi ''minimizzarono'' i rischi di un terremoto. La sentenza  "e' avvenuta nel paese natale di Galileo. Certe cose non cambiano mai". E' la conclusione del  ricercatore Michael Halpern, della ong americana Union of Concerned Scientists. "Il presidente Napolitano dovrebbe intervenire'', aggiunge. Dal Giappone gli fa eco Shinichi Sakai, professore associato dell'Earthquake Research Institute di Tokyo: "Se fossi stato io lì avrei detto le stesse cose perché non è possibile stabilire quando può verificarsi una forte scossa sismica". Una sentenza "rigida, da choc" che impedirebbe in Giappone di "accettare qualsiasi incarico in commissioni di esperti vista la possibilità di condanna", afferma Koshun Yamaoka, ordinario di sismologia all'Università di Nagoya.

SITO EUCENTRE BIANCO PER SOLIDARIETA' - La Fondazione Eucentre, specializzata nella ricerca sui terremoti, ha lasciato in bianco il suo sito web in segno di solidarietà con il suo presidente, Gian Michele Calvi, membro della commissione Grandi Rischi condannato insieme agli altri. "Ricercatori, tecnici e collaboratori della Fondazione Eucentre - si legge nella home page, completamente bianca - esprimono la loro vicinanza al Prof. Gian Michele Calvi, Presidente di Eucentre, ed a tutti i membri della Commissione Grandi Rischi che sono stati condannati in primo grado con la sentenza del 22 ottobre 2012".

IL DIBATTITO IN ITALIA - "Quella de l'Aquila è una vicenda drammatica, ma la giustizia ha i suoi tempi", afferma il ministro dell'interno Cancellieri. "Il rischio è che si sia affermato il principio che non è ammesso il dubbio in una valutazione scientifica. Io credo si debba restituire ad ogni componente della vita sociale il suo ruolo. Il ruolo della scienza non è quello della politica e non è neanche quello dell'amministrazione. Probabilmente c'é un po' di confusione di ruoli", afferma il ministro dell'ambiente, Corrado Clini. "Mi auguro che venga corretta in secondo grado": è invece  l'auspicio espresso dal presidente della Camera, Gianfranco Fini. "E' una sentenza che sta facendo il giro del mondo - ha aggiunto Fini - e con tutto il rispetto per chi l'ha emessa, contrasta con un dato scientifico: è impossibile prevedere la gravità di un sisma". "Ne stanno parlando negli Stati Uniti e in Giappone. Mi auguro - ha concluso il presidente Fini - che venga corretta in secondo grado". "Si rende giustizia alle vittime del terremoto dell'Aquila condannando chi ha costruito delinquentemente, non gli scienziati. Assurdo. E le conseguenze?", afferma il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, su Twitter.

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