Venerdì 22 Novembre 2024

Un'arma assai preziosa
contro omertà e paura

 di Anna Mallamo

Lo ha ripetuto appena qualche giorno fa, presentando la sua nuova serata-evento sulla Costituzione, Roberto Benigni. Ce lo diciamo da anni, citando, anche a nostra insaputa, il principe Miškin nell'Idiota di Dostoevskij. Lo abbiamo scritto sulle magliette (dove spesso, malgrado tutto, finiscono frammenti di verità) e sui poster (che spesso segnalano, a nostra insaputa, i confini di imprecisati territori di libertà). Ne abbiamo fatto titoli di saggi e di festival della filosofia. L'abbiamo twittato e condiviso, nella bolla utopica e globale dei social dove viviamo in tanti, come sotto una supercupola del futuro. Tutto ciò non ha consumato d'un grammo la verità e la necessità di questa semplice affermazione: «La bellezza salverà il mondo». Sì, la bellezza salverà il mondo. Almeno quanto la bruttezza lo sta perdendo, poco a poco.

Comincia oggi una rubrica in cui si avvicenderanno varie forme di bellezza, varie opportunità di salvare il mondo, che per sua natura si può salvare anche solo un atomo alla volta, un pensiero alla volta, un gesto alla volta.Parleremo di bellezza naturale (la più tenace e la più sfregiata: lo Stretto, l'Aspromonte e le montagne millenarie della Calabria e della Sicilia, le coste, le rocce, i sentieri) e di bellezza costruita (che siano edifici o letterature, oggetti o imprese), di bellezza che vive a dispetto di noi, separata e nascosta. Di bellezza che dobbiamo suscitare, smascherare. Perché la bellezza richiede coraggio, impegno, volontà. Come la buona politica.

La bellezza, d'altronde, è etica, come dicevano i Greci, ed è politica: il progressivo imbruttimento delle nostre meravigliose terre è in diretto rapporto con le mafie, le cricche, le malepolitiche che le sfruttano, le immiseriscono, le rendono brutte. Diceva Peppino Impastato: «Se si insegnasse la bellezza alla gente la si fornirebbe di un'arma contro la rassegnazione, la paura e l'omertà. All'esistenza di orrendi palazzi sorti all'improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre.

È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l'abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi curiosità e stupore». Scriveranno qui filosofi e camminatori, architetti e letterati: chiunque voglia parlare di qualsiasi forma di bellezza. Perché abbiamo bisogno di meravigliarci, di credere, di volere.

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