"Io in politica? Mai dire mai, candidarsi è un diritto di tutti". Così il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, in una intervista al Corriere della Sera alla vigilia della sua partenza per il Guatemala dove e' stato chiamato per un incarico investigativo sotto l'egida dell'Onu. "Io sto andando in Centro America - ha spiegato il magistrato - e l'ultimo dei miei pensieri e' correre dietro a fantasie giornalistiche che al momento, non hanno nulla di concreto". E sottolinea che "davanti a un'opportunita' importante, ritengo che sia giunto il momento di allontanarmi. Ma dall'estero continuero' a partecipare al dibattito italiano in modo piu' libero visto che finora, mi dicevano che un pm non puo' parlare". Ingroia, riferendosi poi all'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, ha detto che si e' arrivati "al livello di patti indicibili, stretti non da singoli politici o colletti bianchi ma da uno Stato che siglava accordi per una presunta ragion di Stato. Su questo gradino siamo ancora malfermi in attesa delle sentenze ma evidentemente abbiamo gia' dato sufficiente fastidio".
Riferendosi poi alle critiche mosse dalla sinistra, Ingroia ha detto di sentirsi "un po' tradito perche' io mi considero parte di quel mondo, per la storia che la sinistra ha avuto, da Pio La Torre a Enrico Berlinguer. E perche' mi viene un sospetto: che queste critiche, piu' che dai miei comportamenti o dai presenti errori, derivino dal fatto che con l'inchiesta sulla trattativa siamo andati fuori linea. Io pero', non ho da seguire linee bensi' cercare la verita'".
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