Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Petraeus, c'è il nome
della "terza donna"

Gill Kelley, 37 anni, ufficiale di collegamento militare del Dipartimento di Stato al Central Command di Tampa, in Florida, di cui Petraeus era responsabile quando si occupava di Afghanistan: sarebbe lei la 'terza donna' del Petraeus-gate, la bufera spionistico-sentimentale che sta travolgendo le istituzioni a Washington e gettando ombre anche sulla Casa Bianca. Dopo aver rapidamente individuato l'identità dell'amante clandestina che ha portato alle dimissioni del capo della Cia, la stampa Usa è andata a caccia del nome di colei che rivolgendosi all'Fbi ha innescato il terremoto. E lo scoop dell'AP - battuto in serata dall'agenzia americana - non fa altro che gettare altra benzina sul fuoco, coinvolgendo anche il Dipartimento di Stato nello scandalo. 

E mentre ora ci si interroga su una possibile relazione di Petraeus anche con questa donna - obiettivo delle mail minatorie di Paula Broadwell - nei palazzi del potere a Washington gli interrogativi in queste ore sono ancora più pesanti e hanno nel mirino la Casa Bianca, la Central Intelligence Agency e gli agenti federali che hanno scoperto il 'love affair proibito'. Prima dello scoop dell'AP, alti funzionari 'informati sui fatti' citati dal New York Times avevano raccontato che la misteriosa donna che è andata direttamente all'Fbi per denunciare di aver ricevuto minacce credibili non è la moglie o una parente dell'ormai ex capo della Cia, e non lavora per il governo. Ma quello che appare certo è che Paula Broadwell, l'attraente biografa-amante di Petraeus che come è poi emerso la minacciava, la considerava quantomeno una rivale. La natura del suo rapporto con il numero uno dell'Agenzia di Langley non è noto, ma le due donne sembravano competere per la lealtà di Petraeus, se non per il suo affetto, hanno detto le fonti al NYT. Il Washington Post, citando 'alti funzionari', afferma dal canto suo che Paula Broadwell sentiva la misteriosa donna come una minaccia alla sua relazione con Petraeus. E mentre la moglie di Petraeus continua a rimanere in silenzio, anche la stessa Paula Broadwell è nel frattempo scomparsa, assieme al marito e ai loro due figli. In questi giorni doveva festeggiare con un party a Washington il suo 40esimo compleanno ma, riferisce Politico.com, suo marito ha inviato e-mail a tutti gli invitati per cancellare l'evento. Ma a Washington ora si susseguono altre domande inquietanti. 

A partire dai tempi in cui la vicenda è venuta alla luce. Perché se lo scandalo fosse scoppiato solo una decina di giorni prima, affermano in molti, avrebbe potuto influenzare sensibilmente il risultato delle elezioni. E allora, visto che l'indagine - così delicata da far temere almeno all'inizio problemi per la sicurezza nazionale - andava avanti da varie settimane, chi ha deciso di aspettare fino a venerdì? Secondo le informazioni emerse finora, James Clapper, lo zar della National Intelligence, è stato informato solo martedì scorso, mentre l'America era al voto. Il presidente Obama solo due giorni dopo. E le commissioni del Congresso che si occupano di intelligence lo hanno appreso solo venerdì dalla stampa, e non hanno gradito. Non è chiaro neanche quando ne siano venuti a conoscenza il ministro della Giustizia Eric Holder e il capo stesso dell'Fbi Robert Mueller. Il vice di Muller, Sean Joyce, assieme al numero due della Cia Michael Morell, che ora ha assunto ad interim la guida della Agenzia, dovranno rispondere a domande di questo tipo mercoledì davanti alla commissione intelligence della Camera, secondo quanto hanno riferito fonti del Congresso. 

Morell a sua volta giovedì dovrà inoltre testimoniare ad un'altra commissione del Congresso, sull'assalto al consolato Usa a Benghasi in cui l'11 settembre sono morti quattro americani, tra cui l'ambasciatore Chris Stevens. L'audizione era in programma con Petraeus, che a causa delle dimissioni, da qualcuno definite "provvidenziali", eviterà così - almeno per il momento - di rispondere a domande su una vicenda per cui la Cia e la Casa Bianca sono state a lungo sulla graticola, durante la campagna elettorale. Ma ora è il Petraeus-gate a mettere l'amministrazione Obama nella bufera, e c'é chi lo accosta allo scandalo Watergate in cui a provocare le dimissioni del presidente Richard Nixon non fu la vicenda in sé, ma il tentativo di coprirla che la seguì. Tra loro c'é l'ex sindaco di New York Rudy Giuliani, che sottolineando proprio il forfait di Petraeus davanti alla commissione per i fatti di Bengasi afferma che comunque prima o poi la verità verrà alla luce. "E' inevitabile. E' come il Watergate, verrà tutto fuori. Potranno volerci un mese o cinque, ma tutto verrà fuori e ogni singola notizia insabbiata renderà il tutto ancora peggiore".

Caricamento commenti

Commenta la notizia