Lunedì 23 Dicembre 2024

Razzi su Tel Aviv
Inferno a Gaza

E' guerra aperta tra Israele e Hamas, in un botta e risposta sempre più violento che oggi è tornato a lambire Tel Aviv 21 anni dopo gli attacchi di Saddam Hussein ai tempi della prima guerra del Golfo. E che lascia dietro di sé un bilancio (provvisorio) di una quindicina di morti e 150 feriti fra civili e miliziani palestinesi e di tre civili israeliani uccisi nella località di confine di Kyriat Malachi. Entrato nel secondo giorno di scontri incessanti, il conflitto è segnato ormai da decine di raid aerei israeliani verso la Striscia di Gaza alternati al lancio di centinaia di razzi da parte dei miliziani palestinesi contro il territorio dello Stato ebraico. In un clima nel quale l'escalation bellica continua per ora a inasprirsi, a dispetto dei tentativi affidati all'Egitto di aprire uno spiraglio di tregua. 

Lo sviluppo più clamoroso si è verificato nel tardo pomeriggio quando - fedele alla proprie promesse - la Jihad islamica, alleata di Hamas, ha preso di mira Tel Aviv con un missile iraniano 'Fajr 5', che si è inabissato di fronte alla costa di Jaffa senza fare danni, e con un altro razzo, caduto in un'area disabitata subito fuori dalla città. E' stata la prima volta dal 1991 che Tel Aviv si è ritrovata bersagliata da missili nemici. Uno sviluppo accolto con entusiasmo a Gaza dalle fazioni islamiche, visto che da oggi mezzo Israele appare esposto direttamente alla minaccia degli arsenali accumulati dai miliziani palestinesi. Sul lato opposto della trincea, l'offensiva 'Pilastro di nuvola' - iniziata ieri con l'eliminazione a Gaza del comandante militare di Hamas, Ahmed Jaabari – prosegue d'altronde senza sosta, "al ritmo di 10 raid aerei all'ora" (come ha notato una fonte militare). E nella nottata Israele prevede di intensificare ulteriormente le proprie attività. Il portavoce militare Yoav Mordechai ha avvertito che brigate di fanteria sono già confluite ai margini della Striscia di Gaza, pronte ad entrare in azione anche via terra se ritenuto necessario. "Abbiamo ottenuto l'autorizzazione a richiamare 30 mila riservisti", ha rivelato. "Sarà una nottata di fuoco". Per tutta la giornata il sud di Israele è stato sottoposto a sua volta a una grandine di razzi: quasi 400, secondo stime ufficiose, oltre cento dei quali intercettati in volo dalle batterie 'Iron Dome'. Fra quelli che sono passati, diversi hanno provocato ingenti danni materiali e uno le prime tre vittime israeliane di questo conflitto: colpite in un condominio della cittadina di Kiryat Malachi. 

Tre militari sono stati inoltre feriti da un colpo di mortaio a breve distanza dalla Striscia. Dalla Striscia si apprende che negli attacchi israeliani sono rimasti finora uccisi almeno 15 palestinesi: sono per lo più miliziani, ma fra loro figurano anche una bambina, un neonato e una ragazza incinta di 19 anni. Malgrado l'atmosfera di guerra, decine di migliaia di sostenitori di Hamas hanno sfidato i bombardamenti per seguire le esequie di Jaabari dalla sua abitazione fino al cimitero del rione Sheikh Radwan. Dal corteo funebre sono partite raffiche di armi automatiche, accompagnate da slogan che promettevano ad Israele una vendetta "infernale" e "un diluvio di razzi". Il 'viceministro degli esteri' del governo di fatto di Gaza, Ghazi Hammad, ha affermato che, colpendo Jaabari, Israele ha sottovalutato le ripercussioni. La regione ormai è cambiata, ha spiegato, e le masse arabe scese in piazza in Egitto, in Siria ed altrove garantiscono ormai ad Hamas un forte sostegno. "L'equazione cambia. Sono finiti per sempre i tempi in cui Israele poteva impunemente colpire Gaza. Se non c'é pace a Gaza - ha avvertito - non ci sarà nemmeno a Tel Aviv". Poco dopo sirene di allarme sono in effetti risuonate a Rishon le-Zion (15 chilometri a Sud di Tel Aviv) e poi nella stessa città. Dall'Egitto si moltiplicano intanto le dichiarazioni di condanna degli attacchi israeliani dell'amministrazione Morsi, mentre domani - in segno di sfida - è annunciata la visita a Gaza del primo ministro Hisham Kandil. Sono sviluppi che hanno infuso speranza fra i ranghi di Hamas che in pubblico fa sapere di non essere interessato, almeno in questa fase, ad una tregua con il 'nemico sionista'. Israele intanto stringe i denti. La popolazione del Neghev e quasi tutti i partiti sostengono in questo frangente il governo.

 A tutti sembra chiaro che la spada di Damocle dei razzi palestinesi - in grado di minacciare un milione di israeliani e forse ormai anche più - debba essere assolutamente rimossa. Ma per farlo occorrerebbe intaccare in modo significativo il potenziale offensivo di Hamas e della Jihad, bombardando per chissà quanti altri giorni. "Continueremo a colpire finché Hamas non implorerà che cessiamo", ha detto a muso duro una fonte militare, mentre Netanyahu ha ripetuto che il suo Paese "continuerà a fare tutto quello che ritiene necessario per difendersi". Sostenuto dagli Stati Uniti - che imputano l'escalation alle sole ingiustificabili "violenze di Hamas" - il governo israeliano deve peraltro fare i conti con la collera del mondo islamico (con l'Iran, ma anche l'Egitto e la Turchia in prima fila, in attesa della riunione straordinaria della Lega Araba fissata per domani al Cairo) e con gli inviti alla moderazione che rimbalzano dall'Onu e da mezzo mondo: anche nelle telefonate di Vladimir Putin e di Francois Hollande.

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