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Ancora venti di guerra
tra Gaza e Tel Aviv

Continuano a soffiare i venti di guerra tra Gaza e Tel Aviv, ma nelle ultime ore sta prendendo forza la mediazione del Cairo. Il presidente egiziano Mohamed Morsi ha detto di aver ricevuto indicazioni, anche se non garanzie, per un cessate il fuoco. Nel frattempo, proseguono i raid dell'aviazione israeliana sulla Striscia e la pioggia di razzi su Israele da Gaza. E dopo il terzo attacco di oggi (in tre giorni) su Tel Aviv, nella città più popolosa di Israele l'atmosfera si è fatta più pesante. 

Allo stesso tempo, Gaza, dove oggi è stato distrutto dai raid israeliani il quartier generale di Hamas, si sta preparando ad affrontare una nuova notte di paura. E nello scontro in atto, l'opzione dell'operazione di terra da parte delle forze armate di Israele - con 30 mila uomini già pronti al confine - resta possibile: "se nelle prossime 24-36 ore - ha detto il viceministro degli esteri israeliano Danny Ayalon - continueranno a cadere i razzi, questo potrebbe innescarla". Nel tentativo di fermare lo scontro, l'Egitto è al lavoro per arrivare ad una tregua, mentre il gruppo dei Paesi arabi all'Onu discute gli ultimi sviluppi della situazione, anche alla luce delle condizioni che la dirigenza di Hamas avrebbe fatto trapelare - riportano media arabi - per una possibile tregua: rimozione del blocco alla Striscia e garanzie internazionali che impediscano ad Israele di colpire i loro esponenti di spicco. Dall'altra, Hamas si è detta pronta a respingere la possibile operazione terrestre, se Israele deciderà in questo senso. Al di là delle mediazioni in atto, il campo indica però un'altra realtà ed è quella del conflitto: i morti palestinesi provocati oggi dai raid israeliani sono 12 (per un totale di 44 dall'inizio del conflitto). Da parte israeliana restano le tre vittime dei giorni scorsi, a fronte di 492 razzi lanciati da Gaza che hanno colpito Israele e altri 245 intercettati dal sistema di difesa 'Iron Dome', per un totale - dall'inizio del conflitto - di 737. Gli obiettivi centrati, nell' intero periodo, dall'aviazione israeliana - ha rivelato oggi l'esercito - sono 1000: e uno di questi questa mattina ha distrutto, senza fare vittime, la sede del governo di Hamas a Gaza. Alle porte di Gaza sono schierati oltre 30 mila soldati israeliani, pronti ad entrare in azione se - come hanno ripetuto oggi molti esponenti militari e politici dello stato ebraico -"fosse necessario". Un quadro che parla da solo e che la diplomazia tenta di fermare ad ogni costo: a parte l'iniziativa egiziana, la Casa Bianca, pur riaffermando il diritto di Israele alla difesa contro il continuo lancio dei razzi, pre-crisi, da Gaza (additato come motivo dello scontro), teme - secondo il New York Times - che "un'incursione via terra di Israele possa danneggiare la stessa Israele e aiutare Hamas". E per questo sta facendo pressioni sul governo Netanyahu per impedirla. 

Anche i leader europei, da Mario Monti a Angela Merkel - che pure sostengono Israele nella sua politica - hanno affrontato con il premier Netanyahu il precipitare della crisi stessa. Monti ha assicurato in un colloquio telefonico con il suo omologo israeliano che l'Italia è pronta a svolgere "un ruolo di mediazione" e Angela Merkel - che ha incoraggiato la mediazione del presidente egiziano Mohammed Morsi -, ha concordato con Netanyahu sulla necessità di arrivare al più presto ad un cessate il fuoco che raffreddi la situazione. Meno conciliante il premier turco Recep Tayyp Erdogan -, anche lui oggi al Cairo dove ci sarebbero pure i dirigenti di Hamas - secondo il quale "Israele dovrà rendere conto per il massacro di bambini innocenti a Gaza". Gli ha fatto eco il segretario generale della Lega Araba Nabil el Araby, deciso insieme ai ministri degli affari esteri arabi a "non allentare tutto il sostegno, anche con la rottura dell'embargo". 

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