Arriva sul filo del rasoio, la tregua tra Israele e Hamas, alla fine di una giornata - l'ottava di conflitto a Gaza - in cui l'attentato su un autobus a Tel Aviv (un incubo tornato dopo anni, con una ventina di feriti) aveva rischiato di dare scacco agli sforzi della diplomazia. Compreso il rush finale di Hillary Clinton, segretario di stato in uscita, che ieri in Israele e oggi nei Territori e soprattutto in Egitto, è riuscita comunque a chiudere - insieme col segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon - l'accordo di un cessate il fuoco mediato dal presidente Mohammed Morsi. Da stasera alle 20 (le 21 locali) - e salvo una coda di razzi tirati da Gaza fino a un'ora dopo la scadenza - le armi sembrano dunque tacere per la prima volta dal 24 novembre scorso, giorno dell'avvio dell'operazione 'Colonna di Nuvola', scattata con l'uccisione del comandante dell'ala militare di Hamas, Ahmed al-Jaabari, dopo mesi di lanci di razzi dalla Striscia verso il sud d'Israele.
Otto giorni di scontri durissimi, con raid israeliani su Gaza (almeno 156 morti e mille feriti alla fine) e missili palestinesi contro Israele: missili che sono giunti stavolta a lambire Gerusalemme e Tel Aviv, con un bilancio finale di cinque morti e diverse decine di feriti. Hillary Clinton - nella conferenza stampa di annuncio al Cairo - ha riconosciuto il ruolo di mediazione del nuovo Egitto dei Fratelli Musulmani, e soprattutto ringraziato il presidente Morsi per avere assunto una funzione di "leadership" e di "garanzia": due fattori decisivi, senza i quali difficilmente si sarebbe arrivati alla tregua. Lo stesso ha fatto il presidente Obama: a Morsi ha dato atto di una capacità di "leadership personale nel negoziare"; al premier israeliano Netanyahu ha rivolto un apprezzamento per "i suoi sforzi nel lavorare con il governo egiziano" ai fini "di un cessate il fuoco sostenibile e una soluzione più duratura al problema".
I punti dell'accordo dovrebbero comportare, in effetti, una salda vigilanza: da parte israeliana c'é l'impegno a uno stop agli 'omicidi mirati' di esponenti di Hamas o di altre sigle e quello a una maggiore apertura dei varchi della Striscia di Gaza per facilitare il passaggio delle persone. Ma non la rimozione del blocco navale nei confronti di Gaza, un cui allentamento - secondo quanto si riporta - potrebbe tuttavia avvenire con il consolidarsi di una situazione di calma nella zona. Hamas e le altre fazioni palestinesi presenti nella Striscia di Gaza si sono a loro volta impegnate a cessare tutte le ostilità o aggressioni, a cominciare dal lancio di razzi contro Israele e dagli attacchi alle frontiere. In caso di violazione dell'intesa, sarà l'Egitto a intervenire con le parti. Ma alcune fonti arabe parlando di una doppia garanzia: da parte del Cairo verso Hamas, da parte americana rispetto a Israele. Benyamin Netanyahu e il suo ministro della difesa Ehud Barak hanno parlato stasera in tv per spiegare agli israeliani il senso del cessate il fuoco raggiunto con un nemico che - per stessa ammissione di Teheran - è appoggiato "militarmente" (con i missili Fajr 5 a media gittata) dall'Iran. Israele e Stati Uniti - ha detto Netanyahu rivendicando la scelta favore del cessate il fuoco - coopereranno nella lotta contro il traffico di armi attraverso il Sinai verso Gaza "che provengono per lo più dall'Iran".
"I nostri obiettivi sono stati raggiunti in pieno", gli ha fatto eco Barak, rivendicando "il duro colpo" assestato a Hamas in otto giorni di bombardamenti. Israele si riserva d'altronde azioni militari "più severe" se il cessate il fuoco non dovesse tenere, ha avvertito il premier, sottolineando di scommettere su una tregua "duratura", ma senza nascondere che diverse voci, nel Paese, propendevano fin d'ora per un'offensiva di terra. Dal Cairo, il leader in esilio di Hamas, Khaled Meshaal, ha replicato liquidando quella israeliana come "un'avventura militare fallita" e ammonendo a sua volta che i palestinesi rispetteranno la tregua solo fin tanto che il 'nemico sionista' farà lo stesso. Senza dimenticare di rivolgere un grazie a Teheran per l'aiuto "finanziario" dato alle fazioni (radicali) palestinesi malgrado "le divergenze" sulla guerra in Siria. A Gaza, dove restano visibili gli effetti devastanti dei raid, la leadership locale Hamas ha pure cantato vittoria, invitando la gente a uscire per strada a festeggiare: qualcuno lo ha fatto, fra slogan e raffiche di giubilo in aria, ma molti sono rimasti per ora in casa, sotto l'effetto della prudenza e della paura. Fino all'ultimo le parti si sono d'altronde affrontate sul campo in una giornata cominciata malissimo: l'attentato all'autobus 142, nel cuore di Tel Aviv, a un passo dal ministero della difesa e con Hillary Clinton ancora in Israele, ha scosso lo Stato ebraico. Su Gaza - ormai all'emergenza umanitaria - fino a sera si sono invece ripetuti senza sosta i raid dei jet israeliani che hanno fatto altri 22 morti e 50 feriti. Finché la tregua ha riportato timidamente la palla nel campo della diplomazia. Da palazzo di Vetro è rimbalzata una dichiarazione di Ban Ki Moon che accoglie con sollievo lo stop alle ostilità dopo "una settimana di sangue" e sollecita le parti - con l'avallo dell'intero Consiglio di sicurezza - a mantenere gli impegni (malgrado gli evidenti segnali di sfiducia reciproca). Dalla Cisgiordania, è tornata intanto a farsi sentire la voce del presidente moderato palestinese, Abu Mazen, il quale ha riaffermato che il 29 novembre l'Anp presenterà all'Onu la richiesta di riconoscimento come 'stato non membro'. A dispetto dei moniti Usa e della contrarietà di Israele.