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Mina, il nuovo album:
"Stavolta mi sono
proprio abbandonata"

La Signora della canzone italiana, rivela Massimiliano Pani all'ANSA, ha impiegato solo tre giorni per realizzarlo ("ma non è un vezzo", sottolinea). Mina ha cantato in studio, dal vivo, 12 brani reinterpretati alla sua maniera, spaziando fra gli anni Trenta e gli anni Settanta, da Presley a Porter, da Kurt Weill a James Taylor, accompagnata dal trio jazz composto da Danilo Rea, Massimo Moriconi e Alfredo Golino. "Non avevo dischi italiani - spiega la signora Mazzini -. Se si esclude Non illuderti di Marino Barreto, che poi era cubano. Solo Americani. E fino alla rivoluzione Elvis, che ha 'sparecchiato', esclusivamente Frank Sinatra, Ella Fitzgerald, Sarah Vaughn, Nat King Cole e anche i minori di quel periodo. Niente di francese. Niente di inglese. Niente di niente. Un pochino di flamenco che gli amici non sopportavano e che mi ha preso da subito e ancora adesso non so attraverso quale strada. Forse per ricordarmi che sono mediterranea, tutto sommato". Per Mina, "la memoria è un motore potente" e per quanto riguarda la musica è "lunga, corretta, affidabile, onesta". Racconta che quei pezzi le sono "rimasti nel sangue, perfettamente intatti. Non sono mai impalliditi, non mi hanno mai lasciato. E non ho mai cambiato opinione sul loro everlasting incanto. E non sono per niente evocativi. E' strano - osserva - , ma non li collego ad alcuna sensazione bella o brutta che sia. Me li godo e basta. Ogni tanto, ogni mai, mi permetto di avvicinarli". Con l'aiuto ("squisito, più che prezioso") dei suoi "adorati" Rea, Moriconi, Golino e Gianni Ferrio ("senza discussione tra i migliori al mondo", ci tiene a precisare), Mina si è lasciata "sommergere dalla bellezza" di pezzi come September Song di Kurt Weill, I've Got You Under My Skin di Cole Porter, Love Me Tender di Presley, Over The Rainbow e Just A Gigolo. Cantando questi classici "con circospezione, con cautela. Non dimenticando che sono stati nella gola dei più grandi maestri del passato dai quali ho imparato tutto". E aggiunge: "Detesto quelli che, intervistati alla fine di un lavoro dicono 'Ah, come mi sono divertito'. Questa volta anch'io devo dirlo. Mi sono proprio divertita. Eh, sì". "E' un disco che ti mette in pace col mondo, e un esempio di cosa vuol dire cantare", dice Pani, figlio della cantante e produttore. "E' un disco di progetto, si è divertita molto a farlo. Se lo facesse per denaro farebbe la televisione, ma Mina lo fa per amore della musica e del suo pubblico. Cerca sempre un'idea nuova da proporre". Pani (convinto che "la musica in tv la usino, non la amino" e che i talent "siano finalizzati alla drammaturgia televisiva") sottolinea la scelta della madre di usare "un filo di voce. Se hai tanta voce non devi usarla tutta, ma saperla usare. E' una scelta artistica. I grandi cantanti devono dare l'emozione. Ora sembrano tutte cose da circo, senza nessun colore". '12 (american song book)' darà il via ad altri progetti di questo tipo: "Mina ha sempre amato mischiare pezzi inediti con una bossa nova, o uno standard o un brano napoletano. Con la crisi discografica riceviamo pezzi di tanti autori, c'é molto materiale interessante", dice Pani. L'intenzione ora è "alternare dischi di inediti e songbook, cofanetti dedicati a un genere musicale o a un musicista. Ci sarà insomma anche una Mina che ti spiega un repertorio e che te lo porge, più interprete e meno talent scout". Il prossimo progetto? "Ne potresti avere 10 di questi dischi. Ci sono tanti grandi, da Cole Porter a Gerswhin a Bernstein: ce n'é di roba...". Una curiosità: 12 è anche il numero delle diverse copertine di Mauro Balletti e Gianni Ronco con le quali sarà disponibile la prima tiratura del cd. Copertine d'autore con Mina in varie pose e versioni ispirate alla discografia jazz dagli anni Trenta. (ANSA).

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