Una grande lezione di storia, cultura, poesia, fede e cronaca in nome della Costituzione Italiana. Questo l’insegnamento di Roberto Benigni nella sua attesa serata “La più bella del mondo”, ieri sera su Raiuno per raccontare la nostra Carta Costituzionale che, al di là di ogni ironia, è veramente un gioiello del diritto, l’espressione di un Paese che ri-nasceva con propositi di alta civiltà – che, purtroppo, oggi, non sempre ritroviamo nel Paese reale.
Eppure la prima impressione, in apertura di serata, non era stata delle migliori, a meno che Benigni non avesse fatto uno sconto sul suo cachet, anzi, meglio, che avesse aperto i saldi fuori stagione, quantomeno per la parte di attualità dello spettacolo. Prima di narrarci i principi fondamentali della Costituzione, infatti, il premio Oscar Roberto Benigni si è calato, come di consueto, nella cronaca politica e, lì, “digiamolo” – come direbbe Fiorello imitando La Russa – il ritorno di Silvio Berlusconi gli ha dato una gran mano d’aiuto. Con battute né rivoluzionarie, né particolarmente originali, né, tantomeno, sconvolgenti Benigni si è soffermato sulle ultime uscite pubbliche di Berlusconi, lasciando ampiamente intendere che, se non ci fosse stata questa felice concomitanza, il suo monologo, tutto sommato non avrebbe avuto motivo di esistere. In questa veste Benigni, ormai assurto al ruolo di “salvatore”, se non della Patria, quantomeno della nostra tv, visto che è chiamato a risollevare le sorti di una programmazione in calo, per non dire in declino, ha lasciato delusi chi lo ricordava nella sua straordinarietà di altri monologhi sul tema.
Superato lo scoglio dell’attualità, non senza aver riservato un paio di stoccate anche a Matteo Renzi e aver parlato per metafore anche della Lega, finalmente Benigni è approdato alla Costituzione Italiana, capolavoro di civiltà, “legge del desiderio”, nata da una travagliata situazione politica e dalla guerra civile. L’appello è stato a riconsiderare la politica come futuro per le generazioni a venire, alto e forte, romantico e appassionato, con un invito a non lasciarsi traviare dalla realtà della politica.
Quando entra nel vivo del concept della Costituzione, il professore Benigni parla e spiega, racconta al colto e all’inclita i principi fondamentali sui quali si fonda (anzi, si fonderebbe) la nostra Nazione. Si capisce che lui la Costituzione l’ha studiata davvero. Prima da cittadino, poi da esegeta e, infine, da comico impegnato, che, ormai, fa della sua professione – comica – un dovere etico per avvicinare alla conoscenza e alla cultura anche chi non è particolarmente sensibile ai temi civili e chi non conosce a fondo (ma neanche in superficie) la materia.
Così sul primo articolo della Carta, nel parlare di democrazia, Benigni passa dalla storia al mito, dalla cronaca alla teoria, dall’affabulazione alla realtà nuda e cruda, dalla spiegazione dei principi sociali alla poesia. Ed è da quel momento che si capisce che i soldi della Rai sono stati spesi bene e si conferma la grandezza assoluta del comico toscano. Divulgatore di conoscenza, che non è prêt à porter ma à penser.
Benigni semplifica concetti “alti”, li trasporta in una cultura pop – intesa come pop-olare nel senso più bello – per avvicinarli a tutti, con esempi pratici, metafore, riferimenti storici e della cronaca alla portata di ogni sapere. È una grande opera di scienza e conoscenza, di studio e semplificazione, che racconta la nostra vita di cittadini italiani non sempre orgogliosi di essere italiani.
La legge sulla quale si fonda il nostro Stato viene così tradotta in poesia, Benigni racconta la solidarietà come «sentimento che non si potrebbe imporre come obbligo», ma che, la nostra Costituzione valorizza come emozione, sullo stesso piano della spontaneità. Non è facile passare dalla legge umana alla legge della natura, ma Benigni ci riesce, con un collegamento fra Darwin, la Bibbia e la norma costituzionale che fa toccare con mano la grandezza di una norma, laddove nessuno lo immagina.
Nei ringraziamenti iniziali, il premio Oscar toscano aveva voluto omaggiare coloro che lo avevano aiutato a meglio comprendere l’argomento giuridico del quale si parlava, ovvero giuristi, sociologi, studiosi del linguaggio e della comunicazione, poeti, santi, navigatori ed eroi. Siamo convinti che, dopo la trasmissione, saranno tutti questi esperti che ringrazieranno Benigni per la grandezza immaginifica della sua lettura che passava da Woodstock alla tutela della minoranza della lingua – segnatamente quella usata da Di Pietro – facendo ridere e pensare al tempo stesso. Facendo divulgazione ma anche conoscenza.
Un difetto, certo, lo possiamo trovare. La velocità. Troppo di corsa ha parlato Benigni, troppi concetti, espressi con padronanza, ma che per essere compresi fino in fondo, per far sì che non si perdesse il peso che hanno le parole, avrebbero avuto bisogno di maggiore calma, di più lentezza, di essere assimilati con più tempo a disposizione. Tempi da tv.
Tutto ha toccato Benigni con una consapevolezza lieve e toccante: giustizia, carceri, lavoro, chiesa, stranieri e guerra, tutto quello che, appunto è scritto nella nostra Costituzione che per molti (anche politici) è solo una serie di articoli senza aggancio con la realtà. Ecco, Benigni ha riportato ad una dimensione terrena quello che per molti è lontana teoria.
Una grande lezione di storia, cultura, poesia, fede e cronaca in nome della Costituzione Italiana. Questo l’insegnamento di Roberto Benigni nella sua attesa serata “La più bella del mondo”, ieri sera su Raiuno per raccontare la nostra Carta Costituzionale che, al di là di ogni ironia, è veramente un gioiello del diritto, l’espressione di un Paese che ri-nasceva con propositi di alta civiltà – che, purtroppo, oggi, non sempre ritroviamo nel Paese reale. Eppure la prima impressione, in apertura di serata, non era stata delle migliori, a meno che Benigni non avesse fatto uno sconto sul suo cachet, anzi, meglio, che avesse aperto i saldi fuori stagione, quantomeno per la parte di attualità dello spettacolo. Prima di narrarci i principi fondamentali della Costituzione, infatti, il premio Oscar Roberto Benigni si è calato, come di consueto, nella cronaca politica e, lì, “digiamolo” – come direbbe Fiorello imitando La Russa – il ritorno di Silvio Berlusconi gli ha dato una gran mano d’aiuto. Con battute né rivoluzionarie, né particolarmente originali, né, tantomeno, sconvolgenti Benigni si è soffermato sulle ultime uscite pubbliche di Berlusconi, lasciando ampiamente intendere che, se non ci fosse stata questa felice concomitanza, il suo monologo, tutto sommato non avrebbe avuto motivo di esistere. In questa veste Benigni, ormai assurto al ruolo di “salvatore”, se non della Patria, quantomeno della nostra tv, visto che è chiamato a risollevare le sorti di una programmazione in calo, per non dire in declino, ha lasciato delusi chi lo ricordava nella sua straordinarietà di altri monologhi sul tema. Superato lo scoglio dell’attualità, non senza aver riservato un paio di stoccate anche a Matteo Renzi e aver parlato per metafore anche della Lega, finalmente Benigni è approdato alla Costituzione Italiana, capolavoro di civiltà, “legge del desiderio”, nata da una travagliata situazione politica e dalla guerra civile. L’appello è stato a riconsiderare la politica come futuro per le generazioni a venire, alto e forte, romantico e appassionato, con un invito a non lasciarsi traviare dalla realtà della politica. Quando entra nel vivo del concept della Costituzione, il professore Benigni parla e spiega, racconta al colto e all’inclita i principi fondamentali sui quali si fonda (anzi, si fonderebbe) la nostra Nazione. Si capisce che lui la Costituzione l’ha studiata davvero. Prima da cittadino, poi da esegeta e, infine, da comico impegnato, che, ormai, fa della sua professione – comica – un dovere etico per avvicinare alla conoscenza e alla cultura anche chi non è particolarmente sensibile ai temi civili e chi non conosce a fondo (ma neanche in superficie) la materia. Così sul primo articolo della Carta, nel parlare di democrazia, Benigni passa dalla storia al mito, dalla cronaca alla teoria, dall’affabulazione alla realtà nuda e cruda, dalla spiegazione dei principi sociali alla poesia. Ed è da quel momento che si capisce che i soldi della Rai sono stati spesi bene e si conferma la grandezza assoluta del comico toscano. Divulgatore di conoscenza, che non è prêt à porter ma à penser. Benigni semplifica concetti “alti”, li trasporta in una cultura pop – intesa come pop-olare nel senso più bello – per avvicinarli a tutti, con esempi pratici, metafore, riferimenti storici e della cronaca alla portata di ogni sapere. È una grande opera di scienza e conoscenza, di studio e semplificazione, che racconta la nostra vita di cittadini italiani non sempre orgogliosi di essere italiani. La legge sulla quale si fonda il nostro Stato viene così tradotta in poesia, Benigni racconta la solidarietà come «sentimento che non si potrebbe imporre come obbligo», ma che, la nostra Costituzione valorizza come emozione, sullo stesso piano della spontaneità. Non è facile passare dalla legge umana alla legge della natura, ma Benigni ci riesce, con un collegamento fra Darwin, la Bibbia e la norma costituzionale che fa toccare con mano la grandezza di una norma, laddove nessuno lo immagina. Nei ringraziamenti iniziali, il premio Oscar toscano aveva voluto omaggiare coloro che lo avevano aiutato a meglio comprendere l’argomento giuridico del quale si parlava, ovvero giuristi, sociologi, studiosi del linguaggio e della comunicazione, poeti, santi, navigatori ed eroi. Siamo convinti che, dopo la trasmissione, saranno tutti questi esperti che ringrazieranno Benigni per la grandezza immaginifica della sua lettura che passava da Woodstock alla tutela della minoranza della lingua – segnatamente quella usata da Di Pietro – facendo ridere e pensare al tempo stesso. Facendo divulgazione ma anche conoscenza.Un difetto, certo, lo possiamo trovare. La velocità. Troppo di corsa ha parlato Benigni, troppi concetti, espressi con padronanza, ma che per essere compresi fino in fondo, per far sì che non si perdesse il peso che hanno le parole, avrebbero avuto bisogno di maggiore calma, di più lentezza, di essere assimilati con più tempo a disposizione. Tempi da tv.Tutto ha toccato Benigni con una consapevolezza lieve e toccante: giustizia, carceri, lavoro, chiesa, stranieri e guerra, tutto quello che, appunto è scritto nella nostra Costituzione che per molti (anche politici) è solo una serie di articoli senza aggancio con la realtà. Ecco, Benigni ha riportato ad una dimensione terrena quello che per molti è lontana teoria.