Quasi un professionista "partita Iva" su 2 (il 47,7%) riesce a stento ad arrivare alla fine del mese, una volta sostenute le spese minime vitali (bollette, mutuo/affitto, cibo, mezzi di trasporto). Per il 22,6% invece il reddito è insufficiente a mantenersi. E' quanto emerge da un'indagine svolta da Acta su una campione di professionisti che lavorano soprattutto con imprese private e con il settore pubblico. Le maggiori difficoltà vengono segnalate da chi lavora nelle aree più creative come pubblicità, editoria e design, mentre migliore è la situazione di chi svolge attività più tecniche come Ict e attività ingegneristiche, ma anche per i consulenti di direzione e strategia. Per le partite Iva è "molto importante" l'apporto di altri redditi familiari (27% può contare in misura significativa sul reddito del o della partner, il 12,8% su quello della famiglia di origine), mentre molto più raro l'apporto significativo di altri redditi da lavoro o pensione (3,7%) e di rendite (3,7%). Con la crisi - indica ancora la ricerca dell'Associazione consulenti terziario avanzato - il tempo dedicato all'attività lavorativa è aumentato, ma non quello diretto all'attività lavorativa in senso stretto, che al contrario è più spesso diminuito. Ad aumentare è soprattutto il tempo per la ricerca di nuovi clienti, ma anche per questioni amministrative e recupero credito e per attività di aggiornamento e innovazione. A moltiplicarsi però sono le richiesta di lavorare gratis, sperimentate da oltre la metà degli intervistati: per il 37% è una richiesta occasionale, per il 15,9% invece si tratta una richiesta frequente. Altro tasto dolente sono i pagamenti. Pressoché scomparsi gli anticipi (per il 76% degli intervistati), mentre il 18% li riceve raramente e solo il 6% con una certa regolarità. Si confermano i ben noti problemi nella puntualità dei pagamenti, denunciati dal 45% dei professionisti, e in particolare da chi ha come cliente principale la Pa.
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