E' Antonio Maggio, con il brano 'Mi servirebbe sapere', a trionfare tra i Giovani di Sanremo. "Primo Maggio!", ha urlato Luciana Littizzetto sul palco dell'Ariston dopo la proclamazione. Il verdetto, che premia il vincitore della prima edizione di X Factor, è arrivato alla fine di una serata in cui il festival ha messo in scena il gioco affettuoso del ricordo della sua storia. Un materiale che Fabio Fazio conosce molto bene e che sa come trasformare in racconto televisivo.
La quarta serata di questa edizione si è mossa tra le riletture dei brani che hanno segnato la storia di Sanremo da parte dei Campioni e autentici omaggi alle leggende del festival. Fazio si è concesso un'escursione fuori dal teatro per l'inaugurazione del monumento a Mike Bongiorno e poi ha ospitato Pippo Baudo, che sta all'Ariston come i padri fondatori agli Stati Uniti. Inevitabile la catena di aneddoti sul passato e divertente la versione di 'Una ragazza in due', laddove la ragazza è Luciana Littizzetto, che proprio con Baudo aveva fatto il suo esordio al festival. Come ormai da schema collaudato, la Littizzetto ha fatto da controcanto al racconto, già dal look, volutamente vintage con riferimenti agli anni '50 di Nilla Pizzi, ai '60 di Caterina Caselli-Casco d'oro con tanto di parrucca caschetto ("mi sento a mio agio come Giovanardi su un carro del gay pride").
Ritorno all'Ariston anche per Rosita Celentano, Paola Dominguin, Gianmarco Tognazzi ("mio padre non mi ha parlato per otto mesi") e Danny Quinn, protagonisti di un'edizione passata alla storia come una sorta di Titanic della conduzione. La serata dell'omaggio alle canzoni del passato permette ai cantanti di esibirsi con tranquillità, di togliersi anche dei lussi artistici, come Raphael Gualazzi che ha trasformato in un 5/4 jazz 'Luce e tramonti a Nord est' di Elisa, Malika Ayane che, stilosissima, ha giocato con 'Che cosa hai messo nel caffè', I Marta sui tubi che, con un'applauditissima Antonella Ruggiero, hanno swingato 'Nessuno', Simona Molinari con Peter Cincotti e il gentleman del jazz Franco Cerri con 'Tua', bravo Marco Mengoni che se l'è cavata bene con 'Ciao amore ciao' in chiave funk, Elio e le storie tese con strumenti in miniatura e la partecipazione straordinaria di Rocco Siffredi in una trascinante versione di 'Un bacio piccolissimo', Chiara che si muove sicura tra difficili divisioni in un bell'arrangiamento di 'Almeno tu nell'universò, Max Gazzé che ha eseguito 'Ma che freddo fa', il brano che rivelò Nada.
Gli Almamegretta - senza Raiz, assente per rispetto dello shabbat ebraico, e con James Senese al sax - hanno proposto una versione reggae-rap del 'Ragazzo della via Gluck' (cambiando un verso della canzone con 'Forza Crozza made in Italy') e hanno concluso con un 'Lasciate crescere l'erbà lanciato da Marcello Coleman, voce del gruppo. Complice preziosissimo, Mauro Pagani che ha curato buona parte degli arrangiamenti con la cura a rispettare le melodie e la capacità di trovare nei brani spunti insoliti. Un capitolo a parte lo merita lo spazio dedicato a Caetano Veloso e Stefano Bollani.
Veloso è un gigante della musica, un personaggio senza confini. Due i brani, la super classica 'Voce e linda' e 'Piove' ('Ciao ciao bambinà) interpretata secondo la lezione del suo nume tutelare Joao Gilberto, andando al cuore della melodia. Stefano Bollani è il Pico della Mirandola del pianoforte, un virtuoso di meritata fama internazionale che sa essere anche un entertainer e che ha dato una dimostrazione della sua strepitosa memoria con il numero delle canzoni a richiesta del pubblico, salutate dalla standing ovation dell'orchestra. I due insieme hanno riletto 'Come prima' in uno di quei momenti che servono a ricordare a tutti che la musica è anche cibo per l'anima.