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Positivo il bilancio
Non son state
solo canzonette...


di Tonio Licordari

 

Prima di tutto vince il Festival targato Fazio-Littizzetto. Al calar del sipario contano i fatti: Sanremo 2013 sbanca l’audience. Una media di 13 milioni di telespettatori (in attesa di conoscere i risultati di ieri sera), con picchi di share superiori al 50 per cento, rappresenta comunque un successo. Sempre lo slogan “baudesco”: «Sanremo è sempre Sanremo». Non sempre – è ovvio – la quantità si sposa con la qualità. Ma in piena spending review Fazio ha aguzzato l’ingegno ed ha offerto un evento che ha comunque riscosso il successo dal punto di vista televisivo. Certo non sono mancate le ombre tra tante luci, ma in una macchina complessa che pure ha la vita breve di un fast food, la perfezione non può esistere.

I presentatori. La scelta di evitare la conduzione canonica, col presentatore alla Baudo e la vallettona magari straniera, è stata vincente. Fazio sa essere istituzionale ma anche un buono showman: è tornato persino imitatore. Al suo fianco una “zanzara atomica” come Luciana Littizzetto che, a parte qualche parolaccia di troppo, è una “gnocchetta” che fa spettacolo con le sue continue e sorprendenti pierinate. Ha dissacrato le presentazioni ufficiali, ma ha lasciato anche un messaggio importante (e finalmente serio) in favore della campagna contro il femminicidio. E non solo. Il suo monologo è un prezioso diamante al dito di una fata.

Gli ospiti Fazio ha puntato soprattutto sugli artisti italiani che hanno fatto la storia del Festival: Toto Cutugno “l’italiano vero” che ha scosso l’Ariston col supporto suggestivo della banda dell’Ar - mata Rossa, Peppe Fiorello che ha riacceso la favola di Domenico Modugno (spot per la fiction “Vo - lare” che andrà in onda domani e martedì su Raiuno), Albano con la sua eterna “Felicità” e ieri sera un superbo Andrea Bocelli col promettente figlio Amos.Hapure giganteggio Pippo Baudo. Ha fatto discutere (in senso positivo, s’intende) l’inesauribile Maurizzo Crozza. Meno appariscente Neri Marcorè. A reggere lo stendardo della bellezza (fatua) – all’insegna dell’occhio vuole la sua parte – Bar Refaeli. Su questa lunghezza si sono sintonizzate le italiane Laura Chiatti e, ieri sera, Bianca Balti. E gli interpreti stranieri? Pochi ma buoni. La pianista cantautrice inglese Birdy a 16 anni studia per diventare star. Ancora però ne deve fare di strada. Due momenti significativi sono stati offerti da Antony Hegart leader degli Antony and the Johnsons e dall’israeliano Asaf Avidan. Certo siamo lontani dai tempi in cui gli ospiti del Festival si chiamano Barry White, Sting o Take Taht. Non è mancata la nota stonata: Carla Bruni, una che può fare tutto tranne che cantare. Raccomandata di lusso, ma i suoi brani somigliano a lamentazioni. Bocciata.

Nuove proposte Medio il livello artistico, buone le canzoni dei finalisti. Giusta in fondo la vittoria di Antonio Maggio, un giovane pugliese che proviene da “X Factor”. La sua “Mi servirebbe sapere” non dispiace. Da condividere anche il premio della critica “Mia Martini” assegnato a Renzo Rubino che, nel suo brano, “Il postino”, ha avuto il coraggio di cantare l’amore gay. Da seguire anche la ragazza sarda Ilaria Porceddu, che ha qualità per imporsi. Piuttosto una considerazione: anche quest’anno non non sono arrivate proposte musicali d’avanguardia, di rottura con il passato. Né si può dire che la rassegna ha espresso un Ramazzotti o una Pausini.

I Campioni In attesa del risultati, il riascolto di ieri ha ancora una volta confermato che esistono brani di qualità, ma manca la canzone in grado di volare nei mercati internazioni. Sì, “Nel blu dipinto di blu” di Modugno vince ancora (vorremmo comunque essere smentiti dai risultati). Nel complesso i testi sono superiori alla musica. Le interpretazioni all’altezza del Festival. La formula delle due canzoni ha funzionato. Macchinoso, invece, il sistema della giuria. Nella prima parte hanno deciso, al 50 per cento, le giurie della sala stampa e del Televoto. Ieri Televoto e giuria di qualità, presieduta dal maestro Piovani. In pratica due mondi completamente diversi. Da discutere anche la formazione della giuria di qualità con personaggi, magari di successo, ma che non hanno nulla anche vedere con musica e canzoni.

I messaggi Questo Festival è nato nel vivo della tempesta mediatica della campagna elettorale. Il Pdl aveva chiesto addirittura di cambiare data. Certo gli artisti hanno dovuto “castigare” le loro esibizioni nel rispetto dell’ipocri - ta par condicio. Crozza ha avuto via libera, coinvogendo tutti i “teatranti” della politica. Fazio si è limitato a qualche battuta, al contrario la Littizzetto ha dato più di un’ “unghiata”. «A quella chi la tiene», ha detto Fazio. Comunque non è stato solo un Festival di canzoni. Un evento televisivo, certamente, e di grande impatto popolare. Un passo avanti sul fronte dei diritti civili è stato fatto grazie all’apparizione di Stefano e Federico, la coppia gay, i quali hanno annunciato il matrimonio a New York. Anche la “lezione” di etica sportiva ai giovani da parte di Roberto Baggio ha rappresentato un momento significativo. Il monumento a Mike Bongiorno? La prova che il Festival non dimentica i suoi miti. Intelligente anche l’idea di dedicare una serata alle canzoni che fanno parte della storia di Sanremo. Il pubblico ha gradito, le emozioni non sono mancate. Ma il momento più alto lo offre proprio lei, Lucianina la peste, col suo monologo per sostenere, con la partecipazione di 50 ragazze, “Break the Chain”, la campagna contro il femmimicidio. Come dire: al Festival 2013 non sono state solo canzonette.

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