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Bersani, no al governissimo
E apre a Grillo

  La delusione brucia così come l’ammissione amara che il proprio messaggio politico non è stato capito. Dopo quasi 48 ore di silenzio, Pier Luigi Bersani arriva con il fiato corto ed il volto tirato al primo incontro con la stampa dopo un risultato «azzoppato». Non indora la pillola, ammette subito che il Pd non ha vinto e rilancia con l’unica proposta per lui possibile: un governo di scopo che «si concentri su alcuni punti di cambiamento» dai costi della politica alla moralità, aperto, a parole, alle forze in Parlamento ma rivolto in realtà al M5S e non al Pdl. I fedelissimi raccontano che il leader democrat non abbia mai pensato, neanche per un minuto, di gettare la spugna. «Non abbandono la nave, dopodiché posso starci da capitano o da mozzo», si mostra determinato Bersani che comunque non resterebbe alla guida del Pd, seppur a tempo determinato fino al congresso autunnale, in ogni caso. Ieri sera i big del partito si sono riuniti per capire che cosa fare, ma per il candidato premier, che sperava di entrare a Palazzo Chigi, uno scenario è assolutamente da escludere: un governissimo con Silvio Berlusconi. «Non siamo qui – chiude alle “sirene” del Cav. –a gestire per gestire, non vogliamo fare discorsi a tavolino, non credo che il paese tolleri balletti di diplomazia... si riposassero». Al di là del Paese, sicuramente l’elettorato del centrosinistra, già provato dopo l’esperienza del governo Monti, non perdonerebbe più al Pd un’intesa di governo con Berlusconi. Ed è dall’analisi del voto e dagli umori del paese, che premia Beppe Grillo, che deriva l’apertura di Bersani al M5s in attesa delle scelte del Capo dello Stato Giorgio Napolitano. «Noi proporremo - spiega Bersani - un programma essenziale da presentare al Parlamento per una riforma delle istituzioni, della politica, a partire dai costi e dalla moralità pubblica e privata, fino alla difesa dei ceti più esposti alla crisi». L’elenco dei temi di quello che il leader Pd definisce «un governo di combattimento» descrive l’identikit di un preciso possibile interlocutore: il M5s, con cui il segretario democrat immaginava di fare «scouting» in campagna elettorale e che ora appare come la scialuppa per dare una direzione al paese. Una sfida lanciata al comico genovese, condita anche dall’ipo - tesi di assegnare al M5S, «il primo partito alla Camera», la presidenza. «So che fin qui - rilancia Bersani - hanno detto “tutti a casa” ma ora ci sono anche loro, o vanno a casa anche loro o dicono che cosa vogliono fare per questo paese che è il loro e dei loro figli». Una sorta di riedizione del “modello Sicilia”, dove i grillini hanno condiviso anche provvedimenti della giunta Crocetta, se non fosse per una sostanziale differenza: i governi nascono ottenendo la fiducia alle Camere. Ed è qui che il dente duole visto che Beppe Grillo anche avantieri ha ribadito che i provvedimenti saranno valutati caso per caso. «Ragionare tema per tema - osserva Bersani che rinvia alla riapertura del Parlamento possibili faccia a faccia - è apprezzabile ma è anche piuttosto comodo, i governi funzionano provvedimento per provvedimento ma anche con la fiducia, così dice la Costituzione ». «Senza l’accordo Pd-Svp, Berlusconi oggi sarebbe presidente del consiglio». Lo ha detto il segretario Svp Richard Theiner, rivendicando senza mezzi termini il suo ruolo nel far ottenere il premio di maggioranza alla Camera al centrosinistra. E, in effetti, l’inedita alleanza tra la Svp e il Pd stipulata a Bolzano da Theiner, interrompendo un lungo periodo di equidistanza dai blocchi, ha portato 132.154 voti, addirittura qualche punto in più rispetto al distacco dal centrodestra che alla fine è stato di 124.407 voti.

 

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