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Grillo: sì a un governo
Pd-PdL. Poi frena

"Se il Pd di Bersani e il Pdl di Berlusconi proponessero un cambiamento immediato della legge elettorale, l'abolizione dei rimborsi dei costi della campagna elettorale e al massimo due legislature per ogni deputato, noi sosterremmo naturalmente, subito un governo del genere. Ma non lo faranno mai". Lo dice Grillo al settimanale tedesco Focus.

"Loro bleffano soltanto - ha aggiunto - per prendere più tempo". Il leader del M5S ha poi ribadito: "Io do ai partiti ancora sei mesi, e poi è finita qui". "Poi non potranno più pagare le pensioni e gli stipendi pubblici", ha aggiunto. Nell'intervista, di cui è stata diffusa una anticipazione, Grillo dice: "Saremo schiacciati non dall'euro ma dai nostri debiti. Se gli interessi salgono a 100 miliardi all'anno siamo morti. Non c'é alternativa". "Se compro le azioni di una società che fallisce sono sfortunato. Ho rischiato e perduto", spiega. "Se le condizioni non cambiassero l'Italia vorrebbe lasciare l'euro e tornare alla lira", si legge nell'anticipazione. 

La precisazione di Beppe Grillo, messa nera su bianco in calce all'intervento di ieri dal titolo 'Il mercato delle vacche del Pd', arriva dopo un'intervista al settimanale tedesco Focus in cui il leader del Movimento 5 Stelle sembrava aprire a un governo Pd-Pdl per fare alcune riforme. Nessuna apertura, ribadisce invece Grillo: "Il M5S non darà la fiducia a nessun governo".

Una proposta, quella del comico genovese, che evidenzia la strategia dell’ex comico: restare fuori dai giochi per poter ulteriormente usufruire del consenso elettorale dopo quello che verrebbe visto come un “inciucio” tra i partiti di destra e di sinistra. E arrivare così a Palazzo Chigi, dopo le prossime elezioni, senza concorrenti che gli possano sbarrare la strada. 

"Dico no ai governissimi e vedo difficile che Grillo sostenga o faccia nascere un governo del Pd. E credo che sarebbe sbagliato blandire parlamentari o offrire presidenze, si dimostrerebbe di non aver capito la natura del Movimento". Così, in una intervista al Corriere della Sera l'ex segretario dei democratici Walter Veltroni, secondo il quale dopo l'esito delle urne "l'unica strada è un governo nato dall'iniziativa del presidente della Repubblica, che senza una maggioranza precostituita vada in Parlamento a cercare il consenso su un programma di riforme", a partire da "legge elettorale e riduzione del peso della politica". 

Per Veltroni "questo voto precipita l'Italia in una situazione che negli ultimi cinquant'anni c'é stata solo due volte", con il rapimento di Aldo Moro del marzo '78 e con la crisi valutaria del '92, e, sottolinea, in questi due periodi "la recessione non c'era". "Questo voto - aggiunge - è stata la tempesta perfetta. Ci consegna un Paese in cui non c'é maggioranza possibile e per chi ama la storia la crisi di Weimar nacque esattamente così ". E "se non si capisce che questo è il tempo più difficile della storia italiana non si mette a fuoco il problema". Veltroni non vuole "gettare la croce" addosso a Bersani per l'insuccesso elettorale, e invita a non concentrarsi sui nomi di possibili nuove guide del partito. Il Pd, sottolinea, non deve "chiudersi" ora ma deve invece "ritrovare la sua vocazione originaria" perché "un partito democratico non è semplicemente progressista, è qualcosa di molto più aperto e radicale: è un partito che assume su di sé elementi di rottura con il passato, che si batte per una politica lieve". (re.on.)

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