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Operazione Pozzo:
condannati gli estortori

Sono stati tutti condannati a pene complessive per 78 anni di carcere, i sei imputati del troncone principale del processo scaturito dall’operazione antimafia “Pozzo”, contro il cosiddetto braccio armato della criminalità organizzata. Con la sentenza emessa ieri sera dai giudici del Tribunale di Barcellona (presidente Maria Celi, componenti Sara D’Addea e Francesco Catanese), a 18 anni ciascuno di reclusione sono stati condannati due dei capi promotori dell’organizzazione mafiosa: Carmelo D’Amico, 41 anni, considerato il capo del braccio armato della famiglia dei “Barcellonesi”, e Tindaro Calabrese, 38 anni, di Novara di Sicilia, abitante a Mazzarrà, capo dell’ala secessionista della cosca dei “Mazzarroti”. La condanna a complessivi 12 anni di reclusione (3 anni per mafia in continuazione con la condanna definitiva di “Mare nostrum” e 9 anni e una multa di 2 mila euro per i reati di estorsione e danneggiamento commessi nei confronti della ditta De Pasquale), è stata inflitta al barcellonese Antonino Bellinvia, 57 anni, inteso “Django”; altra pena a 12 anni di reclusione, solo come partecipe dell’organizzazione mafiosa (esclusa l’aggravante di capo promotore), per l’ex macellaio Antonino Calderone, 36 anni, inteso “Caiella”; condanna a 9 anni ciascuno di reclusione e al pagamento di una multa di 2 mila euro a testa, per il fruttivendolo Mariano Foti, 41 anni, di Barcellona, e per Gaetano Chiofalo, 38 anni, abitante nella frazione Gala, entrambi riconosciuti colpevoli della sola estorsione commessa ai danni della ditta De Pasquale. Solo per Foti e Chiofalo il Tribunale ha infatti escluso, assolvendo entrambi, il reato di associazione mafiosa, contestato in funzione della presunta appartenenza alla famiglia dei “Barcellonesi”. Gli stessi Foti e Chiofalo, assieme ad Antonino Bellinvia, sono stati assolti anche dai reati di furto, detenzione e porto illegale di armi.

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