Lunedì sera ci siamo messi nei panni di uno studente liceale interrogato su Trilussa che, per sfangarla, si sia preparato sul “bignami” televisivo seguendo la fiction di Raiuno. Per quello che abbiamo visto, l’interrogazione potrebbe essere andata su per giù così: «Allora professo’ sto’ Trilussa, che non se chiamava così, ma Carlo Alberto Salustri, era un poveraccio pieno di debiti che viveva co’ ’na badante brava e paziente. Sto’ Trilussa nun c’aveva na’ lira, ma viveva da gran signore, se faceva fa’ bell’abiti, era sempre pieno de belle donne e, quando doveva pagà le cambiali vendeva le poesie agli innamorati pe’ fa ‘nnamorare l’innamorata, un po’ come quell’altro, sì, quello col naso grosso, come che se chiamava… ah, Cirano’ de Bergerac ». Parlami del contesto politico nel quale si è svolta la vita di Trilussa. «Mah, ce stava na squadra di fasci che se quarcheccosa non gl’andava bene picchiavano chi non era d’accordo, ma se li incontrava, Trilussa co’ due rime li pigliava per c...”. Basta così, va bene, a posto. Se dovessimo giudicare lo studente per l’applicazione allo studio della fiction, gli daremmo un bel voto: ha parlato in un improbabile romanesco, tale quale a quello con il quale si è espresso Michele Placido, ha rappresentato la figura di Trilussa esattamente come la tv l’ha proposta, ha esposto il contesto storico in maniera aderente alla fiction (praticamente nessuno). Chi, invece, merita l’insufficienza è il regista Lodovico Gasperini che non ha saputo dare spessore a un personaggio dalle mille sfumature, che ha fatto della Storia un raccontino aneddotico e che non è saputo andare al di là del mero bozzettismo. Nonostante l’approccio con un dialetto non suo, bravo è stato Michele Placido nel rendere la figura da guascone del poeta, bravissima la Guerritore nel mantenersi nel suo ruolo di governante– grillo parlante senza ammiccamenti e chiaroscuri. Chissà se, però, i romani saranno contenti di questa rappresentazione un po’ zoppicante del loro poeta, che, pure, il pubblico ha dimostrato di apprezzare (23,66% di share con 6 milioni e 616mila telespettatori). Certo è che, se dopo la vita dei santi e quella degli eroi, Raiuno comincia con quella dei poeti, a giudicare da questo esperimento non siamo ben messi. Perché se per la Divina Commedia sappiamo di dover rivolgerci a Benigni, per il corso di letteratura italiana avremmo bisogno di un paio di ripetizioni...