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Grasso e Boldrini eletti
frattura M5S, l'ira di Grillo

Con l'elezione di Laura Boldrini e Pietro Grasso alla presidenza di Camera e Senato nel Pd in molti sono ora convinti che si rafforzino le chance di Pier Luigi Bersani di ottenere l'incarico per formare un governo. Certo, per riuscirci dovrà prima chiudere un'intesa con Mario Monti. Ma soprattutto sperare che la crepa apertasi nel M5S, con una dozzina di 'grillini' che votano il candidato del Pd contro le direttive del Movimento (seconda vera notizia della giornata), non si rimargini troppo in fretta.

Furente Grillo, che dal suo blog invita a dimettersi chi ha tradito. Il leader ricorda che il "codice di comportamento degli eletti" del M5S prevede che le votazioni in aula siano decise a maggioranza. "Se qualcuno si fosse sottratto a questo obbligo - sostiene - ha mentito agli elettori, spero ne tragga le dovute conseguenze".

"Meno reazioni isteriche e più fiducia!". E' il messaggio che Francesco Molinari, senatore del M5S lancia da Facebook a Beppe Grillo. "Leggo stamattina il post sul blog di Grillo" sul voto di ieri al Senato. "Mi sento di dirgli di stare sereno, non c'é nessun traditore - scrive - Il M5S al Senato è unito: nessuna alleanza nessuna fiducia. Solo un consiglio a chi ha scritto il post. Studiare le differenze fra Cariche Istituzionali e Ruoli politici non farebbe male".

Ad oggi, però, Bersani ha ben diritto di festeggiare. Il doppio coniglio tirato fuori per sbloccare l'impasse funziona. Grasso e Boldrini non sono nomi targati Pd: il primo è un indipendente, reso celebre per la lotta alla mafia. La seconda, eletta con Sel, è famosa più per essere portavoce dell'Alto commissariato Onu per i Rifugiati che per le simpatie politiche. Un ticket che Bersani riesce a tenere nascosto fino all'ultimo. Che pare fatto apposta per dimostrare che il partito non è chiuso in se stesso. Vi si può leggere persino una 'sfida' a Grillo: un modo per dire che il Pd è pronto a mettere sulle poltrone più ambite esponenti della società civile. Sia come sia, il tandem arriva a fine corsa: e così facendo rafforza le possibilità di Bersani. Ora, è il ragionamento che domina nel 'Palazzo' dopo l'elezione di Grasso, difficilmente Napolitano potrà esimersi dal conferirgli l'incarico. La strada resta stretta, ma è certamente un po' più larga di prima. Passa però per un riavvicinamento alla pattuglia di Monti, determinante per avere la fiducia a palazzo Madama.

I rapporti fra democrat e il premier uscente non sono certo buoni. E il tentativo (fallito) del professore di autocandidarsi al Senato, fermato da Napolitano, li ha soltanto peggiorati. Per non parlare del rifiuto di Monti di candidare un suo esponente a Montecitorio, in cambio del sostegno ad un 'piddino' al Senato. Un 'no' che ha aperto la strada all'intesa Bersani-Vendola sul tandem Boldrini-Grasso.

Quello vincente. Doppiamente vincente, visto che Bersani può ora rivendicare - anche agli occhi attenti del Colle - di avere i numeri anche a palazzo Madama. Lì dove si gioca la partita vera e dove il segretario centra il secondo risultato. In prospettiva forse persiono più rilevante del primo: la spaccatura della pattuglia grillina. Spinti dai senatori siciliani, una dozzina di eletti M5S sceglie di votare il procuratore antimafia, infischiandosene delle direttive del capogruppo: "Scheda bianca o nulla".

A pesare sulla scelta dei frondisti (le cui identità sono coperte dal segreto dell'urna) il timore di veder eletto Renato Schifani, spinto al ballottaggio dal voto compatto di Pdl e Lega. Ora spetterà a Grillo decidere come reagire di fronte alla crepa apertasi nel suo movimento: chiudendo un occhio sulla violazione del vincolo di mandato o stroncando sul nascere la fronda, con il rischio di perdere senatori e consensi. L'altro sconfitto della giornata è Monti

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