L'ambasciatore d'Italia a New Delhi non ha più l'immunità diplomatica dal momento in cui ha firmato la dichiarazione di impegno al ritorno in India dei due marò.
E' quanto ha stabilito oggi il presidente della Corte Suprema indiana che ha rinviato l'udienza al prossimo 2 aprile ed ha esteso "fino a ulteriore avviso" il divieto imposto all'ambasciatore Daniele Mancini di lasciare l'India. Il rinvio dell'udienza dovrebbe permettere alle due parti un possibile negoziato sulla scottante vicenda che ha aperto una grave crisi diplomatica tra Roma e New Delhi. A questo proposito, il portavoce del ministero degli Esteri ha ammesso, in un incontro con i giornalisti, che "esiste un conflitto di giurisdizioni" e che "deve essere esaminato".
Durante l'udienza di stamattina, il presidente della Corte Suprema Altamas Kabir ha contestato fermamente la posizione presentata dai legali italiani che chiedevano il rispetto della Convenzione di Vienna in materia di immunità diplomatica. Roma ha infatti presentato una lettera alle autorità indiane in cui si ricordava che la persona dell'ambasciatore è inviolabile e che non si può restringere la sua libertà di movimento. Dopo aver ascoltato le ragioni dell'avvocato Mukul Rohatgi (che rappresentava l'ambasciatore Mancini assente), il giudice Kabir ha ricordato che "i marò hanno ancora tempo per tornare" e che "non hanno ancora violato l'ordine", visto che il permesso speciale di quattro settimane scade il 22 marzo. "E' un caso di comunicazione di un governo a un altro governo" ha detto riferendosi alla nota della Farnesina dell'11 marzo. Tuttavia, di fronte all'insistenza dell'avvocato Rohatgi sull'inviolabilità diplomatica, ha detto che "l'ambasciatore non ha immunità" avendo presentato volontariamente la dichiarazione giurata il 9 marzo. "Abbiamo perso fiducia nel signor Mancini" ha detto stizzito dopo aver rinviato l'udienza aggiungendo che "non accetterà più dichiarazioni dall'Italia".
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