Cè qualcosa di epico e di incredibile, nella storia della conquista del K2, con una spedizione tutta italiana guidata dal professor Ardito Desio. La fiction proposta da Raiuno, lunedì e ieri, “K2 la montagna degli italiani”, l’ha raccontata affidando, giustamente, tutta la prima puntata alla scoperta dei caratteri delle persone che su quella montagna arrivarono per primi. Un racconto quieto, per chi si aspettava la retorica degli eroi. Una narrazione pacata e a volte fin troppo lenta, che ha incuriosito i più assetati di conoscenza, ma che aveva la necessità di presentare a chi non è nato in montagna e, della montagna non subisce il fascino, la spinta emotiva dei protagonisti dell’impresa. Di tutto il gruppo di ardimentosi, il meno imbevuto del sacro fuoco della montagna ci è apparso proprio il capo spedizione, il professor Ardito Desio, tratteggiato da Giuseppe Cederna in maniera ostica e, sicuramente, poco affascinante, teso all’affermazione del proprio prestigio, forte di aver trovato i finanziamenti da parte di Alcide De Gasperi e di poter risollevare l’orgoglio di una nazione stressata dalla guerra. A differenza dall’algido Desio, il resto della spedizione viene rappresentato più che con i tratti degli eroi (se fosse stato un film americano già ci immaginiamo il trionfo dell’epopea) con le umanissime caratteristiche di solidi uomini di montagna, per i quali raggiungere una vetta rappresenta un individuale principio di vita. Poi, ovviamente, ci sono i piccoli melò, come la vicenda del bimbo pakistano, ma per il resto la storia si fa apprezzare da un coraggioso numero di spettatori. Ovviamente, la seconda puntata si è concentrata sulla scalata vera e propria, quella che portò Bonatti a resistere una notte al gelo per non far mancare le bombole di ossigeno ai compagni prescelti per conquistare la cima, fatto questo che diede origine a varie versioni dei fatti e lunghe polemiche. La parte incredibile, che incredibile però non è, visto che la vicenda si svolge nel 1954, è quella relativa alle condizioni nelle quali è stata compiuta l’impresa. Indumenti e attrezzature erano quelli dell’epoca, con un abbigliamento (ovviamente non sponsorizzato) che, probabilmente, oggi non indosseremmo neanche per fare una gita in collina d’estate e che si stenta a credere possa essere stato adatto per le temperature che quegli uomini si trovarono a sopportare. Una situazione per alcuni versi simile all’equipaggiamento e alla strumentazione dei primi uomini che sbarcarono sulla Luna e che dimostra che la volontà sorregge e determina l’uomo anche al di là delle reali possibilità che gli offre il periodo in cui vive.