Avevano preso di mira un'impresa di sanificazione che gestisce appalti di pulizia in diversi ospedali di Palermo. Ma il titolare della Pfe si è ribellato e ora nei confronti di due "esattori" del racket sono state emesse ordinanze di custodia cautelare. I provvedimenti del gip Marina Petruzzella riguardano Giovan Battista Barone, 49 anni, e Emilio Pizzurro di 54. Barone, già condannato per associazione mafiosa nel 2003, è titolare di due pizzerie. Pizzurro gestisce invece un negozio di fiori vicino all'ospedale Ingrassia in corso Calatafimi.
L'operazione è anche frutto di un rapporto di collaborazione attiva tra la squadra mobile di Palermo e Confindustria Sicilia che da tempo ha invitato i propri iscritti a denunciare subito ogni tentativo di estorsione. L'imprenditore che Cosa nostra avrebbe voluto taglieggiare ha raccontato che i suoi collaboratori erano stati avvicinati e invitati a "mettersi a posto". Chiedevano 500 mila euro ma, dopo alcuni contatti, gli uomini del racket si erano dimostrati disponibili a "trattare" per 200 mila euro. I contatti erano tenuti soprattutto da Barone che si presentava come esponente del mandamento mafioso di "Palermo centro". Ai rifiuti dell'imprenditore è seguito un crescendo di intimidazioni. Prima telefonate di minaccia, poi l'incendio dell'auto di un dirigente dell'impresa. L'ultimo atto è stato l'incendio di un esercizio commerciale riconducibile a un familiare di uno dei soci della ditta. Barone è stato subito individuato come la figura centrale dell'organizzazione. Malgrado la condanna il suo nome è riaffiorato nell'ambito di recenti operazioni antimafia dalle quali è emerso che già all'indomani della sua scarcerazione nel 2009, l'uomo aveva ripreso i collegamenti con la cosca di Pagliarelli. E anzi, sottolineano gli investigatori, ha rappresentato una importante testa di ponte con i mandamenti della Noce e Palermo-centro. Per questo a Barone è stata contestata anche l'accusa di associazione mafiosa. Pizzurro risponde invece solo di tentativo di estorsione.