La Corte d'appello di Palermo ha condannato l'ex senatore Pdl Marcello Dell'Utri imputato di concorso esterno in associazione mafiosa confermando la pena di 7 anni. La Corte ha celebrato il processo dopo l'annullamento con rinvio, da parte della Cassazione, della prima sentenza di appello che aveva condannato Dell'Utri a 7 anni, assolvendolo, però, dei reati a lui contestati dal '92 in poi. Nel verdetto la Corte, presieduta da Raimondo Lo Forti, fa riferimento alla sentenza del tribunale che aveva condannato l'imputato a 9 anni e, vista l'assoluzione in appello ormai definitiva dei fatti successivi al '92, si determina la pena a 7 anni di carcere: la stessa pena del primo processo d'appello, annullato dalla Cassazione.
"Speravo in un'altra sentenza, ma accetto il verdetto". Lo ha detto l'ex senatore del Pdl Marcello Dell'Utri commentando la decisione della Corte d'appello di Palermo.
Una vicenda giudiziaria lunga quasi 19 anni: cominciata nel 1994 con l'iscrizione nel registro degli indagati per concorso in associazione mafiosa, passata per due condanne pesanti, un annullamento con rinvio da parte della Cassazione e tornata in secondo grado. Oggi per Marcello Dell'Utri, ex manager di Publitalia, ex senatore del Pdl, arriva il quarto verdetto: sette anni di reclusione. A emetterlo sono stati i giudici della terza sezione della corte d'appello di Palermo presieduta da Raimondo Lo Forti. Queste le tappe del procedimento: a due anni dall'avvio dell'inchiesta, il 26 novembre del 1996, comincia l'udienza preliminare. Marcello Dell'Utri è accusato di collusioni trentennali con pezzi da Novanta di Cosa nostra e di avere garantito a Silvio Berlusconi, che in cambio avrebbe pagato fior di milioni, la protezione delle cosche. L'ex politico va a giudizio. Il 5 novembre del 1997, davanti al tribunale, presieduto da Leonardo Guarnotta, parte il processo di primo grado. Vengono celebrate 253 udienze e sentiti oltre 270 testi. L'11 dicembre del 2004 Dell'Utri viene condannato a 9 anni di carcere. Nel 2006 comincia il processo di secondo grado: la corte, presidente Claudio dall'Acqua, riapre l'istruttoria dibattimentale e sente tra gli altri l'allora neopentito Gaspare Spatuzza. Il collaboratore racconta in aula le confidenze ricevute dal boss Giuseppe Graviano che, nel '94, gli riferisce, raggiante, di avere il Paese nelle mani grazie ai suoi rapporti con Dell'Utri e Silvio Berlusconi. Il 29 giugno del 2010, dopo 117 ore di camera di consiglio, la corte condanna Dell'Utri a 7 anni, ma esclude che il manager abbia mantenuto rapporti coi clan dopo il '92. Il 9 marzo del 2012 la Cassazione annulla con rinvio la sentenza ed evidenzia alcune lacune nella motivazione. I giudici romani ripassano la palla alla corte d'appello di Palermo chiamata a rivalutare le condotte dell'imputato tra il 1977 e il 1992. Passa in giudicato, invece, l'assoluzione per le accuse successive al '92. Il nuovo processo d'appello parte il 18 luglio del 2012, lo stesso giorno in cui Dell'Utri apprende che i pm di Palermo lo indagano per estorsione ai danni di Berlusconi: l'inchiesta sarà poi trasferita per competenza a Milano dalla Cassazione. Il 18 gennaio scorso il pg Luigi Patronaggio sollecita la condanna dell'imputato a 7 anni. I legali, gli avvocati Giuseppe Di Pieri, Pietro Federico e Massimo Krogh, invece, chiedono che vengano dichiarate prescritte le accuse contestate all'ex manager fino al 1977 e l'assoluzione per i fatti successivi. (ANSA).