
Califano era in piena attività artistica. "Fino all'ultimo giorno non ha smesso di cantare e di scrivere canzoni", spiega il cantautore Enrico Giaretta, suo pianista e figlio artistico. "Il Maestro - racconta - stava per partire per un 'mini tour' con accompagnamento di pianoforte, batteria, chitarra e contrabbasso. Era entusiasta di questa nuova avventura. Avremmo dovuto suonare il 4 aprile a Porto Recanati e, pochi giorni dopo, avevamo un appuntamento in sala di incisione ad Avezzano. Stasera, all'improvviso, la notizia della sua morte. Siamo tutti increduli. Si è chiuso per noi un'era", conclude. Califano stava lavorando anche ad un progetto di canzoni in romanesco rivisitate in chiave jazz.(ANSA).
Originario di Paganica in provincia di Salerno, ma nato a Tripoli, che allora era una colonia italiana, il 14 settembre del 1938, e cresciuto a Roma, città alla quale è rimasto sempre legatissimo, Franco Califano, o Er Califfo, come lo hanno sempre affettuosamente chiamato i suoi fans, morto questa sera nella sua casa di Acilia alle porte della capitale, era malato da tempo ma ha lavorato fino all'ultimo tanto che stava per partire per un minitour la cui prima tappa doveva essere il 4 aprile a Porto Recanati, nelle Marche. Nella sua lunghissima carriera è stato autore di canzoni indimenticabili come "La musica è finita", "Una ragione di più", "E la chiamano estate", "La nevicata del '56''. Ha scritto per Mina, Ornella Vanoni, Mia Martini, Renato Zero, Bruno Martino. E tantissimi sono stati anche i successi come cantautore, da quella che è stata un po' il suo manifesto, "Tutto il resto è noia" ("La canzone che mi rappresenta di più"), a 'La mia liberta'', "Io nun piango". Personaggio di grande popolarità, di fatto Califano è stato una figura atipica della canzone italiana, una sorta di chansonnier alla francese, radicatissimo nella tradizione culturale e musicale di Roma. E la sua è stata una vita da romanzo, in cui non è mancato il carcere, con un primo arresto nel 1970, coinvolto insieme con Walter Chiari (poi assolto) in una vicenda di droga e poi di nuovo nel 1983, di nuovo accusato di possesso di stupefacenti e in questo caso anche di armi nella vicenda che vide in manette anche Enzo Tortora (assolto con formula piena e caso emblematico di mala giustizia). Durante quest'ultima esperienza carceraria anzi ha scritto 'Impronte digitali', album che si basa soprattutto su esperienze di quel periodo. In entrambi i processi è stato comunque assolto. E lo ha ripetutamente ricordato sia nei libri sia nelle interviste. Musicista prolifico, si è però cimentato anche come scrittore e saggista con opere come 'Ti perdo - Diario di un uomo da strada' ,' Il cuore nel sessò, 'Sesso e sentimento' e 'Calisutra - Storie di vita e casi dell'amore raccontati dal maestrò. Del 2008 è, invece, l'autobiografia "Senza Manette", scritta a quattro mani con Pierluigi Diaco, che oggi piange "l'amico e il complice di tante notti in radio". Attaccatissimo al suo personaggio di disincantato amante latino, un po' cinico e un po' romantico, sempre pronto a vantare le sue conquiste femmilini, il Califfo è stato anche interprete di fotoromanzi e attore cinematografico in Sciarada alla francese (1963), Gardenia, il giustiziere della mala (1979), Due strani papà (1983) con Pippo Franco, Viola bacia tutti (1998) e Questa notte è ancora nostra (2008). Ha partecipato tre volte a Sanremo, l'ultima nel 2005 con Non escludo il ritorno, scritta con i Tiromancino.
E' proprio una Pasqua tragica per la musica italiana. Venerdì Enzo Jannacci, sabato Franco Califano. Nell'arco di 24 ore se n'é andato prima un simbolo di Milano, poi uno di Roma, "er Califfo". Nel mondo anglosassone per descrivere uno come Califano si usa l'espressione "larger than life" (più grande della vita), lui di sé diceva: "ero bello esagerato". Er Califfo, ma la cerchia dei suoi fan lo chiamava "il maestro", è stato un autore di classici della canzone, un interprete di successo, un poeta, un attore, un protagonista delle cronache per le sue amicizie pericolose e le sue rischiose abitudini. I suoi ultimi anni sono stati difficili: aveva sperperato un patrimonio, il fisico, cui aveva sempre chiesto molto, cominciava a cedere e finì sui giornali perché aveva richiesto l'aiuto della legge Bacchelli. Il 18 marzo aveva cantato al Sistina di Roma. Ma proprio quando la sua vicenda si stava avviando al declino, è stato riscoperto dalla nuove generazioni, Fiorello gli ha dedicato una delle sue imitazioni più popolari, i Tiromancino hanno registrato con lui, come hanno fatto jazzisti importanti come Stefano Di Battista. Al di là delle sue vicende legali, Franco Califano stava all'Italia come i personaggi portati sullo schermo da Jean Paul Belmondo e Alain Delon dei tempi d'oro stanno alla Francia. Un fuori classe della seduzione dal fascino maledetto e dall'ironia devastante che dagli anni '60 in poi, cominciando come attore di foto romanzi, si e' lanciato in una vita vissuta pericolosamente. Califano ha firmato alcune dei più bei titoli della canzone italiana, come "Minuetto", "La musica è finita", "E la chiamano estate", "Una ragione di più", ha scritto per gli interpreti più prestigiosi, a cominciare da Mina, ha composto "Gente de borgata". Ma se c'é un titolo che sintetizza la sua vita e la sua carriera è "Tutto il resto è noia", un caso di scuola di brano che diventa un manifesto esistenziale. Scriveva poesie ed era autore e interprete di monologhi che oscillavano tra il comico e il dramma, istantanee di vita alla deriva (il giocatore di Nun me portà a casa) che si affiancavano a storie di travestiti o gravidanze inaspettate. Le sue vicende giudiziarie, la sua vocazione alla trasgressione e l'insofferenza verso le convenzioni hanno sicuramente aiutato a far nascere il mito dello chansonnier maledetto ma sicuramente non hanno aiutato la sua carriera (nel 1984 ha inciso l'album "Impronte digitali" agli arresti domiciliari). E' stato un personaggio scomodo, controverso, che ha messo in scena la sua vita al massimo e che, forse, ha amato davvero soltanto la musica.
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