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Pietro Maso
è tornato libero

Pietro Maso è tornato libero. Dopo aver scontato 22 anni di pena per l'omicidio dei genitori avvenuto il 17 aprile del 1991 in provincia di Verona, pochi minuti fa è uscito dal carcere di Opera a bordo di un suv bianco guidato da un uomo. Sono venutI a prenderlo le due sorelle e un uomo.

 

Si aspetta nuove polemiche Roberta Cossia, il giudice di Sorveglianza di Milano che ha firmato il fine pena per Pietro Maso, l'ex ragazzo, ora un uomo di 41 anni, diventato simbolo di una generazione senza valori per aver massacrato, quando non era ancora ventenne, i genitori Rosa e Antonio nella loro villetta di Montecchia di Crosara, in provincia di Verona.

Un delitto da 'Arancia Meccanica' per cui il giovane era stato condannato a 30 anni di reclusione, dei quali 22 scontati effettivamente per via dell'indulto e di 1.800 giorni di liberazione anticipata. Maso, infatti, da lunedi' 15 aprile sara' libero e, come dice il magistrato, sara' ''un cittadino come tutti gli altri e cosi' dovra' essere considerato''.

Uscira' definitivamente dalla casa di reclusione di Opera per cercare, almeno questa e' la speranza, ''di ricostruirsi una vita e riacquistare un po' di serenita''' a fianco della moglie Stefania, sposata nel 2008 dopo aver ottenuto, non senza una pioggia di critiche e proteste, la semi liberta' e un lavoro.

''Mi stupisco che ci siano ancora polemiche quando un condannato per un fatto comunque atroce - e' il parere di Roberta Cossia - ha scontato la sua pena e torna in liberta'. Il motivo per il quale cio' suscita un certo fastidio sta nell'istinto vendicativo, umano, per cui non viene tollerato che ci sia un fine pena''. La ragione, ritiene il giudice, e' che in molti ''c'e' ancora un'idea sotterranea vendicativa, dell'occhio per occhio, di restituzione dello stesso male che uno ha fatto, come se lo Stato si dovesse porre sullo stesso piano''.

''Credo che il pensiero sia questo - prosegue - e pertanto non esiste alcuna fiducia nella possibilita' di reinserire coloro che hanno commesso delitti gravi e nemmeno una comprensione del significato di reinserimento in seguito a un percorso effettuato durante la detenzione con le misure alternative''. In piu', a dire del magistrato di Sorveglianza, in generale, ''le polemiche rischiano di alimentare il narcisismo di queste persone portandole a stare sulla ribalta per quello che hanno fatto, per il male che hanno commesso, invece di rientrare nella normalita', nell'anonimato come tutti. Insomma - continua - tutto si dovrebbe fare tranne che sbandierare la storia negativa di queste persone che, invece, hanno bisogno di essere proiettate in un progetto futuro''.

Detto questo il giudice ha sottolineato che la valutazione dell'iter di Maso, passato attraverso il pentimento e l'avvicinamento alla religione, e' stata ''complessivamente positiva. Si e' fermato a pensare - ha aggiunto - e ha accettato di fare un percorso di revisione, di meditazione. Non so poi come costruira' il suo futuro. Non so se scegliera' la notorieta', ritornando a un passato negativo o vivere, come io gli consiglio, nell'anonimato. Quel che e' certo e' che oggi e' un cittadino come gli altri e cosi' deve essere considerato'''.

''Spero anche - ribadisce Roberta Cossia - che la gente impari ad accettare che quando un castigo viene interamente espiato bisogna passare oltre, abbandonando l'istinto di aggiungere surplus di punizione non previsto''. E ricorda che quanto e' piu' dura e lunga la carcerazione, tanto e' piu' difficile recuperare dopo. Inoltre osserva che il 70 per cento di coloro che hanno scontato la pena interamente senza usufruire dei benefici penitenziari e di un percorso di riabilitazione, una volta liberi, commettono di nuovo reati (le maggiori criticita' si registrano tra i tossicodipendenti).

''Per chi invece - spiega ancora - usufruisce di misure alternative, la recidiva si attesta attorno al 20 per cento''. Dati che fanno dire al giudice quanto sia necessario affrontare in altro modo ''la devianza, quasi sempre insita nel disagio sociale poiche' la risposta carceraria non e' l'unica possibile'' in quanto, a suo avviso, la pena non puo' essere ''restituzione della violenza commessa'' ma, come ha stabilito la Costituzione, riabilitazione. 

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