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Barack Obama
racconta il futuro

BARACK OBAMA, "IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE" Introduzione di Francesco Paravati (DONZELLI, pp. 176, euro 16).
 Da nuovo e per certi versi "rivoluzionario" profeta ad autentico regista del cambiamento: si presenta così Barack Obama all'alba del suo secondo quadriennio alla guida dell'istituzione più importante ed influente del mondo. Ed è un profilo che mette da parte enfasi e retorica per guadagnare concretezza, quello che del primo presidente di colore degli Stati uniti d'America, aiuta a tracciare Francesco Paravati nel libro "Il meglio deve ancora venire - I discorsi del presidente dal primo al secondo mandato (2009-2013) edito da Donzelli per la collana Saggine. 
Dal collage dei suoi interventi pubblici, ricomposti come tasselli, a cinque anni dalla sua prima elezione, il lettore può trovare così, in modo organico, gli elementi per un esame a freddo del fenomeno Obama i cui prodromi si erano già avuti nella battaglia per le primarie democratiche culminate con l'elezione a presidente nel 2008, e poi con la riconferma nel 2012. E così, discorso dopo discorso, si spazia dall'annuncio della morte di Osama bin Laden ad una prima analisi della 'primavera araba' con le sue luci e le sue ombre; dalla difesa della riforma sanitaria (ribattezzata Obamacare) al salvataggio della Chrysler; o, ancora: dalle convulsioni sullo scacchiere mediorientale fino all'intervento pronunciato, era il 16 dicembre 2012, in occasione della veglia ecumenica per le vittime della tragedia nella scuola elementare SandyHook a Newtown, nel Connecticut, nella quale perirono 27 persone, 20 delle quali bambini tra i 6 e i 7 anni. Una tragedia terribile, quest'ultima, che ha contribuito a riaprire il dibattito sul proliferare delle armi in America. Una tragedia senza fine, come dimostra anche l'attentato alla maratona di Boston.
 Pagina dopo pagina, dal libro, che si apre con una lucida prefazione del curatore, affiorano come frutto di un magma profondo e incandescente le parole chiave (speranza, vita nuova, violenza, libertà tra le altre) di una visione del mondo e della politica, quella del cittadino Obama, nato ad Honolulu il 4 agosto del 1961, in pieno baby boomer, da padre del Kenia e madre del Kansas e cresciuto a Chicago. 
Una visione di svolta e di rottura a valenza non solo americana ma universale, aspetti sui quali, forse, non si è mai riflettuto abbastanza. Merito del lavoro di Francesco Paravati, giornalista free lance di origini calabresi, che già nel 2008 ha seguito dagli Stati Uniti la prima campagna elettorale di Obama realizzando un documentario per Current Tv. E che nel 2012 ha realizzato un progetto di "social reporting" su youtube, facebook e twitter della notte delle ultime elezioni e della seconda vittoria di Obama.

BARACK OBAMA
"IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE"
Introduzione di Francesco Paravati
(DONZELLI, pp. 176, euro 16)

 Da nuovo e per certi versi "rivoluzionario" profeta ad autentico regista del cambiamento: si presenta così Barack Obama all'alba del suo secondo quadriennio alla guida dell'istituzione più importante ed influente del mondo. Ed è un profilo che mette da parte enfasi e retorica per guadagnare concretezza, quello che del primo presidente di colore degli Stati uniti d'America, aiuta a tracciare Francesco Paravati nel libro "Il meglio deve ancora venire - I discorsi del presidente dal primo al secondo mandato (2009-2013) edito da Donzelli per la collana Saggine. 

Dal collage dei suoi interventi pubblici, ricomposti come tasselli, a cinque anni dalla sua prima elezione, il lettore può trovare così, in modo organico, gli elementi per un esame a freddo del fenomeno Obama i cui prodromi si erano già avuti nella battaglia per le primarie democratiche culminate con l'elezione a presidente nel 2008, e poi con la riconferma nel 2012. E così, discorso dopo discorso, si spazia dall'annuncio della morte di Osama bin Laden ad una prima analisi della 'primavera araba' con le sue luci e le sue ombre; dalla difesa della riforma sanitaria (ribattezzata Obamacare) al salvataggio della Chrysler; o, ancora: dalle convulsioni sullo scacchiere mediorientale fino all'intervento pronunciato, era il 16 dicembre 2012, in occasione della veglia ecumenica per le vittime della tragedia nella scuola elementare SandyHook a Newtown, nel Connecticut, nella quale perirono 27 persone, 20 delle quali bambini tra i 6 e i 7 anni. Una tragedia terribile, quest'ultima, che ha contribuito a riaprire il dibattito sul proliferare delle armi in America. Una tragedia senza fine, come dimostra anche l'attentato alla maratona di Boston.

 Pagina dopo pagina, dal libro, che si apre con una lucida prefazione del curatore, affiorano come frutto di un magma profondo e incandescente le parole chiave (speranza, vita nuova, violenza, libertà tra le altre) di una visione del mondo e della politica, quella del cittadino Obama, nato ad Honolulu il 4 agosto del 1961, in pieno baby boomer, da padre del Kenia e madre del Kansas e cresciuto a Chicago. 

Una visione di svolta e di rottura a valenza non solo americana ma universale, aspetti sui quali, forse, non si è mai riflettuto abbastanza. Merito del lavoro di Francesco Paravati, giornalista free lance di origini calabresi, che già nel 2008 ha seguito dagli Stati Uniti la prima campagna elettorale di Obama realizzando un documentario per Current Tv. E che nel 2012 ha realizzato un progetto di "social reporting" su youtube, facebook e twitter della notte delle ultime elezioni e della seconda vittoria di Obama.

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