Nel pomeriggio di ieri personale militare della Capitaneria di porto diretta dal capitano di fregata Fabrizio Coke ha dato esecuzione al provvedimento di sequestro preventivo degli impianti di trattamento delle acque reflue denominati “TAP” e “TAZ” della Raffineria di Milazzo, disposto dal Gip del Tribunale di Barcellona dottoressa Rosaria D’Addea. Gli impianti resteranno comunque in esercizio, affidati a un custode giudiziario, il prof. Salvatore Nicosia, dell’Università di Palermo. Il provvedimento è scaturito – come riferisce in una nota la stessa Capitaneria – da «deficienze strutturali che hanno determinato l’inquinamento delle acque marine della rada di Milazzo e delle costa di levante della città mamertina a seguito dell’evento alluvionale del 22 novembre 2011». L’intervento di ieri è la conclusione dell’attività investigativa culminata nel blitz dello scorso ottobre quando sempre la Guardia costiera sulla base di un provvedimento del sostituto procuratore, Fabio Sozio, ha acquisito materiale informatico e documenti sulla movimentazione dei prodotti petroliferi. In quella circostanza furono notificate cinque informazioni di garanzia al Direttore generale, al dirigente tecnico e ad altri tre responsabili di settore della Ram. L’accusa che si muove alla Raffineria – assistita in questo procedimento dagli avvocati Luigi e Tommaso Autru Ryolo – e quindi ai dipendenti è quella di avere omesso «in cooperazione colposa tra di loro, di adottare tutte le procedure d’emergenza previste per evitare lo sversamento in mare di sostanze idrocarburiche in rilevante quantità – indicati nel provvedimento di sequestro in 61.480 metri cubi – nonché avrebbero omesso di realizzare gli impianti “TAZ” e “TAP”, da cui è originato il tracimamento, in conformità all’AIA, non prevedendo alcun sistema automatico di allarme per il troppo pieno nonché omettendo di realizzare un sistema automatico di convogliamento dei reflui nei serbatoi di stoccaggio». Oltre al disastro ambientale colposo, sono contestate altresì le ipotesi di reato di smaltimento illecito di rifiuti, effettuazione di scarichi industriali senza autorizzazione, violazione delle prescrizioni dell’AIA concernenti i controlli automatici e violazione dell’obbligo di conservazione dei dati. I fatti risalgono al 22 novembre 2011 allorquando un violento nubifragio si abbatté lungo la costa tirrenica messinese ed in particolare nell’intero comprensorio di Milazzo. Immediatamente giunsero presso la sala operativa della Capitaneria di porto numerose telefonate di cittadini e pescatori che segnalarono la presenza in mare e lungo la costa di numerose chiazze di probabile origine idrocarburica. I militari della Guardia Costiera verificarono la presenza di tali chiazze che successive analisi effettuate dall’A.R.P.A. confermarono essere riconducibili a sostanze idrocarburiche. Secondo la ricostruzione dei fatti, così come operata durante le indagini che hanno visto impegnati per un anno e mezzo uomini e mezzi della Capitaneria di Porto di Milazzo – Guardia Costiera e i consulenti tecnici nominati dai pm Fabio Sozio e Giorgio Nicola, i reati contestati agli indagati riguardano la corretta gestione degli impianti del Petrolchimico di Milazzo, ed i fatti accertati hanno costituito un chiaro danno per la salute umana ed animale nonché per l’ambiente circostante ed in particolare per quello marino. In particolare – come evidenzia la stessa Capitaneria in una nota –le indagini hanno consentito di accertare che lo sversamento in mare era da imputarsi ad un cattivo o errato funzionamento dell’impianto di trattamento delle acque reflue che non avrebbe permesso lo stoccaggio in sicurezza all’interno delle apposite vasche di tutte le acque reflue e meteoriche raccoltesi in occasione dell’evento atmosferico. Ciò avrebbe determinato la tracimazione di tali acque all’interno della sede stradale interna alla Raffineria e il successivo conferimento in mare effettuato grazie all’apertura in emergenza di uno dei varchi doganali prospicienti la spiaggia antistante ». Secondo il provvedimento del G.I.P. “le deficienze riscontrate, definite di tipo strutturale dai consulenti del p.m. non consentono la corretta gestione degli impianti ed il controllo del pericolo di una nuova tracimazione degli scarichi inquinanti e del loro versamento in mare”. Ciò “rende necessario un tempestivo intervento di messa a norma degli impianti della Raffineria in modo da neutralizzare le fonti di inquinamento ed eliminare le illecite immissioni in mare” attraverso “la sollecita predisposizione di tutti gli interventi ( previsti nell’Autorizza - zione Integrata Ambientale e disattesi dalla Società) necessari per adeguare gli impianti”.
LA NOTA DELLA SOCIETÀ. Dal canto suo, la Ram, in una nota «nel prendere atto del provvedimento del GIP, ribadisce con convinzione la propria totale estraneità a qualsiasi responsabilità nell'evento. La società garantirà la collaborazione con gli inquirenti al massimo delle proprie possibilità confidando, come sempre, nell’operato della magistratura ed in una rapida conclusione delle indagini. Il GIP ha nominato un custode degli impianti e designato come coadiutore del custode il direttore generale della Ram, Ing. De Santis».