L'indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai pm Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli, ha disarticolato il mandamento mafioso di Bagheria, storica roccaforte di Cosa nostra. Oltre ai capi della cosca sono stati arrestati il reggente e il cassiere del mandamento e i capi delle famiglie mafiose di Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia. I carabinieri, nell'ambito del blitz della Dda sulle cosche palermitane che ha portato a decine di arresti, hanno sequestrato beni per oltre 30 milioni di euro. Si tratta di beni mobili, immobili e complessi aziendali tra cui locali notturni della movida palermitana, agenzie di scommesse, imprese edili e supermercati.
Le indagini hanno dimostrato come ancora l'organizzazione mafiosa sia strutturata secondo il tradizionale assetto verticistico. Continuano ad essere usati inoltre i vecchi rituali di affiliazione: la 'punciuta' e la presentazione dei nuovi affiliati ai mafiosi più anziani. In un'intercettazione ambientale, un uomo d'onore, discutendo con un altro affiliato, paragona le nuove leve a giovani cavalli da trotto, da addestrare - se necessario - anche ricorrendo alle maniere forti: "quando vedi che nella salita fanno le bizze... piglia e colpisci con il frustino.... sulle gambe... che loro il trotto non lo interrompono... purtroppo i cavalli giovani così sono", dice. Le indagini hanno inoltre messo in luce una mafia aggressiva e sempre più camaleontica che, se da una parte continua a vedere nell'imposizione del pizzo la manifestazione più visibile della sua autorità sul territorio, dall'altra è consapevole che, complice anche la crisi economica, è più che mai necessario ricorrere ad altre fonti illecite di guadagno, come, ad esempio, la gestione del gioco d'azzardo. Resta forte la capacità del clan di condizionare le dinamiche politico-elettorali locali. E' stato accertato, infatti, un patto tra alcuni mafiosi di Bagheria e un candidato alle scorse elezioni amministrative regionali che aveva ad oggetto la promessa di voti in cambio di danaro. Dall'inchiesta, infine, condotta con la collaborazione della Royal Canadian Mounted Police, è emersa l'esistenza di un raccordo operativo nel settore degli stupefacenti tra Cosa nostra bagherese e la famiglia mafiosa italo-canadese dei Rizzuto. Documentata, inoltre, la situazione di instabilità interna alle organizzazioni canadesi, degenerata negli ultimi anni in numerosi omicidi.