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Quelle armi potenti
le parole, i libri

Nei giorni delle polemiche sulle prove d’esame, sulle “griglie” strette e le trame larghe, sui buchi inverosimili del nostro sistema scolastico - devastato da gestioni inconcepibili - e universitario - consegnato troppe volte a baronìe e faraonati - ecco che arriva lei, Malala, di rosa vestita, soave nella sua fermezza, a ricordarci poche cose fondamentali, a restituire verità alle parole «istruzione», «conoscenza »: come «un bambino, un’insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo ». A cominciare dal suo, che obiettivamente è molto più difficile del nostro: Malala è la studentessa pakistana a cui i talebani hanno dichiarato guerra. Perché? Per i motivi per cui i talebani d’ogni secolo e universo dichiarano guerra a qualcuno e lo perseguitano: perché la sua limpida luce minaccia il buio in cui vorrebbero cacciare l’umanità tutta, a cominciare da se stessi. Malala agli occhi dei talebani ha troppe cose pericolose: è donna, pensa, legge, parla, scrive. E la sua voce attecchisce in milioni di altre menti, coscienze, volontà. Per giunta venerdì, quando, avvolta nello scialle che fu di Benazir Bhutto (altra donna scomoda e pericolosa, che pensava e amava, assassinata per queste gravissime colpe), ha tenuto il suo commosso discorso al Palazzo dell’Onu, s’è presentata alle telecamere di tutto il mondo con in mano la sua arma più letale e temibile: un libro. C’era una bellezza sconvolgente nella semplicità con cui Malala ha allineato quelle sue armi potenti, micidiali, puntandole diritte al cuore dei suoi nemici: le parole. E ha esortato tutti e tutte a combattere con quelle armi, ma la battaglia buona dell’istruzione, della conoscenza, della bellezza che da sola s’incarica, infallibilmente, di toccare i cuori e aprire le menti. Persino quelle più accecate dall’odio, dall’ignoranza, dal fanatismo, che infatti la temono, cercano di sopraffarla, d’ucciderla. Ma lei risorge, vestita di rosa. Sorride, ti tende la mano. Ti parla. Malala, la Bellezza.

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