Confermata dalla Cassazione - con sette ore di camera di consiglio che rischiano di cambiare la vita politica del Paese - la condanna a quattro anni di reclusione per frode fiscale nei confronti dell'ex premier Silvio Berlusconi che, dagli 'ermellini', ha ottenuto un unico punto a favore: la disposizione, impartita alla Corte di Appello di Milano, di ricalcolare la pena accessoria della interdizione per cinque anni dai pubblici uffici che potrebbe diminuire da un massimo di tre anni fino a un minimo di dodici mesi. A un videomessaggio, con il volto teso a tratti vicino alle lacrime, il Cav ha affidato la sua reazione - nella quale non ha parlato di staccare la spina al governo - tacciando la sentenza di fondarsi "sul nulla assoluto che mi toglie la mia libertà personale e i miei diritti politici", e i magistrati di essere "una variabile incontrollabile e incontrollata". I legali del Cav Franco Coppi e Niccolò Ghedini, forse presagendo l'insuccesso, non si sono nemmeno affacciati al 'Palazzaccio' per la lettura del dispositivo e sono rimasti a Palazzo Grazioli insieme a Berlusconi. Probabilmente a decidere se scegliere la strada degli arresti domiciliari per quell'anno non coperto dall'indulto (che ha già cancellato tre anni di reclusione); o quella dell'affidamento ai servizi sociali che consentirebbe a Berlusconi più libertà di movimento. Ma le 'nuvole nere' sul destino del leader del Pdl non sono finite perché, tra gli effetti del ddl anticorruzione, da poco approvato, ci sono anche l'incandidabilità e la decadenza dal Senato per chi riporta condanne anche fino a soli due anni. Tuttavia, questi sono tutti scenari aperti perché - rilevano fonti dei supremi giudici, quasi a frenare il 'de profundis' sulle sorti del Cav - sulle nuove norme "non c'è alcun indirizzo consolidato e non è certa la loro applicazione in presenza di pena condonata anche solo in parte". A stemperare la tensione è intervenuto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il quale ha detto che "la strada maestra da seguire è sempre stata quella della fiducia e del rispetto verso la magistratura". "In questa occasione - ha proseguito, apprezzando il nuovo fair play adottato dai difensori dell'ex premier - attorno al processo in Cassazione per il caso Mediaset e all'attesa della sentenza, il clima è stato più rispettoso e disteso che in occasione di altri procedimenti in cui era coinvolto l'on. Berlusconi. E penso che ciò sia stato positivo per tutti". Dello stesso tenore il commento del premier Enrico Letta. Mentre in casa 'dem' non mancano le fibrillazioni di chi, dopo questa condanna, vorrebbe troncare le larghe intese, come auspica il leader di Sel Nichi Vendola. Dopo un iniziale 'no comment', in serata Coppi, Ghedini e Piero Longo hanno detto di essere "sgomenti" perchè "c'erano solidissime ragioni ed argomenti giuridici per pervenire ad una piena assoluzione: valuteremo e perseguiremo ogni iniziativa utile anche nelle sedi europee per far sì che questa ingiusta sentenza sia radicalmente riformata". Da Milano, il procuratore Edmondo Bruti Liberati non ha commentato la decisione degli 'ermellini' ma ha sottolineato che "la pena principale è definitiva ed eseguibile". In Cassazione, più di settanta giornalisti e operatori hanno aspettato il verdetto, oltre a una ventina di avvocati e curiosi. La lettura in diretta televisiva del verdetto fatta dal presidente Antonio Esposito è stata trasmessa dalle tv di tutto il mondo, dal Giappone all'Arabia Saudita. Imponente il dispositivo di sicurezza nella capitale dove le forze dell'ordine hanno blindato i 'palazzi romani' chiamando anche uomini di rinforzo da altre regioni. Nessun problema per la sicurezza, il passaggio in giudicato di Mediaset non ha scatenato reazioni di piazza. Solo qualche banana spiaccicata davanti all'ingresso della Cassazione e qualche cartello di uno sparuto drappello del 'popolo viola'.