L'Egitto precipita nel caos: la temuta mannaia dei militari, rimasta sospesa per alcuni giorni, all'alba è calata con ferocia sui presidi dei manifestanti pro- Morsi, ed è un bagno di sangue. Il bilancio è da guerra: si va dagli almeno 278 morti dichiarati dal governo, fra cui almeno 43 poliziotti, agli oltre duemila denunciati dai Fratelli Musulmani e non verificabili. Con due reporter internazionali e le figlie di massimi esponenti della Fratellanza uccisi, migliaia di feriti, centinaia di arresti, accuse di uso di gas letali; il ministero delle finanze dato alle fiamme, posti di polizia e chiese cristiane attaccati per rappresaglia, mentre sulle principali città è stato imposto il coprifuoco e su tutto l'Egitto un mese di stato d'Emergenza, in vigore per 30 anni sotto Hosni Mubarak e tolto solo l'anno scorso. Unanime la preoccupazione e la critica per l'eccidio e lo stato d'Emergenza da parte delle cancellerie di tutto l'Occidente - in cui spicca il monito della Casa Bianca e quello del ministro degli esteri italiano, Emma Bonino - di Ue, Onu, e Nato e dei Paesi arabi e musulmani, con ripercussioni anche nei vertici egiziani, da cui si è dimesso il vicepresidente, il "laico" Nobel per la Pace Mohamed El Baradei. Anche l'università Al-Azhar, massima istituzione religiosa dell'Islam sunnita che nei giorni scorsi aveva invitato le parti a un tavolo di pace, ha preso le distanze dai militari. La Banca Centrale ha sospeso le operazioni bancarie e la Borsa è chiusa. Il giorno del sangue, il più traumatico dalla Rivoluzione che depose Mubarak oltre due anni fa, è iniziato all'alba. Giorni dopo la scadenza dell'ultimatum dei militari ai manifestanti, che da un mese e mezzo chiedono nelle piazze la liberazione e il ripristino del presidente Morsi, alle ore 7 le forze di sicurezza, appoggiate dai soldati, da elicotteri, mezzi blindati e bulldozer militari, hanno iniziato lo sgombero a forza dei due presidi-accampamenti dei dimostranti: quello minore di piazza Al-Nahda e quello maggiore attorno alla moschea di Rabaa al-Adawiya. La prima viene sgomberata già alle 9, mentre per prendere il controllo di piazza Rabaa la battaglia dura fino alle 14 e oltre. Le tv mostrano agenti in tenuta antisommossa armati e con maschere antigas che si avvicinano a piazza Rabaa proteggendosi dietro mezzi blindati, dimostranti mascherati che danno alle fiamme copertoni e un camion mentre nell'aria volano candelotti lacrimogeni e nugoli di sassi in un fumo denso. Un'immagine iconica che ha fatto il giro del mondo mostra i manifestanti che spingono un blindato giù da un viadotto. Alcune riprese tv riferite da testimoni mostrano quelli che sembrano gli effetti di gas letali contro donne e bambini, mentre al contrario la tv pubblica manda in onda immagini di quelli che vengono definiti "terroristi" che sparano con armi automatiche contro la polizia. Intanto in ospedali e obitori improvvisati si accumulano decine di cadaveri, anche di ragazzini. E malgrado il regime tenti di bloccare le piazze fermando treni e trasporti pubblici, il fuoco si espande in tutto l'Egitto: in serata si parla di almeno 41 morti in provincia di Minya, di 10 ad Alessandria, dove viene attaccata anche la Biblioteca, 15 ad Ismailya, 17 in provincia di Fayum, 5 a Suez, scontri ad Assiut e nelle province di Buhayra e Beni Suef. E la vendetta dei dimostranti ricade anche sulla minoranza cristiana, copta e cattolica, colpevole per gli islamici di aver appoggiato la deposizione di Morsi: 22 chiese attaccate e molte date alle fiamme, fra cui 7 cattoliche, secondo il portavoce dei cattolici egiziani, e lo stesso "papa copto" Tawadros II nascosto per paura di essere assassinato. In serata il premier, Hazem El Beblawi ha dichiarato che la polizia ha usato "il massimo ritegno", malgrado "nessun Paese possa tollerare" l'occupazione permanente di piazze. Ma il bilancio ufficiale provvisorio serale del governo annuncia la morte di 278 persone, compresi i 43 poliziotti, mentre la Fratellanza grida che i morti sono oltre 2.000 e i feriti oltre 10.000. Fra i morti vi sarebbero anche le figlie adolescenti del segretario di Giustizia e Libertà, il partito della Fratellanza, Mohamed el Betagui, e del numero due del movimento, Khairaht Shater. "Giuro su Dio che (il capo delle forze armate) Abdel Fatah al-Sissi spingerà questo Paese alla guerra civile", ha tuonato El Beltagui. Almeno 540 manifestanti sono stati fermati in tutto l'Egitto, dice il governo. E fra i morti vi sono anche due reporter: il cameraman di Sky News Mick Deane, e la giovane corrispondente Habiba Ahmed Abd Elaziz, del gruppo Gulf News. In serata viene dichiarato lo stato d'Emergenza della durata d'un mese e il coprifuoco notturno dalle 19 alle 6 di mattina sulle principali città. "Non permetteremo altri sit-in", promette in serata il ministro dell'interno, Mohamed Ibrahimi, mentre Beblawi assicura che l'Emergenza durerà "il più breve tempo possibile". (ANSA)
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