di Anna Mallamo
“Catena” di solito non è una bella parola: evoca prigionìe e vincoli. Ma può trasformarsi in una cosa completamente diversa, quando l’accompagna quell’aggettivo, «umana». Una «catena umana» è il formicolìo della solidarietà, è la condivisione d’un momento generoso e assoluto, è la prova materiale (ma anche spirituale) di come uniti si può sempre vincere su qualunque cosa, di come la cooperazione batte l’egoismo cinquecentomila a zero.
Anzi, trenta a zero: una trentina erano i bagnanti della spiaggia pachinese di Morghella, stesi al sole e dubbiosi sul bagno, visto che il mare – lo splendido mare di quell’assolato spicchio orientale di Sicilia – era un po’ mosso. Nel mezzo del loro Ferragosto senza pensieri, quei trenta si sono trovati dentro una delle più vaste, silenziose e atroci tragedie dei nostri tempi: gli sbarchi di disperati in fuga da Paesi in fiamme o in miseria, le grandi migrazioni del dolore in un pianeta pieno di frontiere, confini, sbarramenti. Catene.
Non ci hanno pensato su, i trenta, non hanno riunito commissioni ed elaborato documenti, non hanno nominato saggi e non si son chiesti – come fa il leghista che talora è in noi (bisogna sempre temere non il leghista in sé ma il leghista in te) – «E ora cosa sarà di costoro? Chi li sfamerà, che qui non c’è abbastanza nemmeno per noi? Chi li farà lavorare, se il lavoro scarseggia?». Si sono messi in acqua, tra le onde alte, e hanno formato quella cosa rara e preziosa, quella cosa magica e commovente che è la «catena umana». Uno accanto all’altro, in costume da bagno, per sostenere quei profughi infreddoliti e angosciati, che sbarcavano con lo sguardo basso di pudore e sofferenza macerata. E poi, in spiaggia, han dato loro asciugamani e parei per coprirsi, e panini da mangiare, dividendo quel che avevano, a partire da ciò che c’è di più prezioso (una delle poche cose che, dividendosi, si moltiplicano): l’umanità.
Cari signori della Lega e altri razzisti vari, siamo tutti umani, ma poi ci occorre un grande impegno per restare umani: ci vuole sforzo, applicazione e generosità. Ci vuole fatica e anche sofferenza, a volte. Ma – sappiatelo – è una forma grandiosa di bellezza. In quella spiaggia remota della Sicilia la bellezza s’è manifestata così, e solo a guardarla, oggi, ci avvince. Come una catena.