Domenica 24 Novembre 2024

“Pace di plastica”
nella maggioranza

 C’è chi l’ha chiamata “pace armata”, altri “pace di plastica”, ma nessuno crede che l’accordo siglato venerdì scorso tra il presidente della Regione Rosario Crocetta e il segretario regionale dell’Udc Giovanni Pistorio sia destinato a durare a lungo. Anche perché quella che è veramente in atto, nelle retrovie, è una guerra fra ex democristiani, impegnati, a prescindere dalle formazioni in cui attualmente militano, dal Pd al Pdl, passando per il gruppo misto e l’Udc, l’unico partito che, ufficialmente, dichiara di affondare le proprie origini nel partito che fu di De Gasperi, Fanfani e De Mita. Senza dimenticare, ovviamente, quelli che la casacca se la sono data di recente o, addirittura, in corso d’opera, come gli ex Dc che militano in “Articolo 4”, nell’Mpa, in Grande Sud e perfino tra i Drs o nel Megafono. E tutti sembrano convinti che così continuando, prima o poi, prima comunque delle prossime elezioni, riusciranno a conquistarsi “un posto al sole”, ovvero una carica assessoriale o, quantomeno, un incarico di sottogoverno da affidare a qualche amico che possa garantirgli il ritorno a Sala d’Ercole, questa volta molto più difficile perché si parte con la certezza che 20 degli uscenti non potranno essere rieletti. Per cui, se da un lato è scontato che la tregua reggerà fino al 18 settembre, quando l’Ars tornerà a riunirsi per formalizzare l’accettazione delle correzioni apportate dal commissario dello Stato Carmelo Aronica alla cosiddetta legge Antiparentopoli e per approvare la norma che recepisce il decreto legislativo statale n. 39 del 2013, più noto come legge anticorruzione, aggiungendovi gli “inasprimenti” attualmente allo studio del presidente della Regione e dei suoi collaboratori. Chiusa questa fase, e prima ancora che si avvii l’esame delle norme finanziarie, che Crocetta vuole approvare entro dicembre per evitare il rischio di dover sottostare, in piena campagna per le europee, a qualche ricatto di natura clientelare, si dovrà procedere alla sostituzione delle abolite province regionali con i liberi consorzi, ben sapendo che non ci sono fondi a sufficienza per far fronte all’intera operazione che molti, peraltro, non condividono.  

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