Siria e gas nervini. In sintesi: li ha sparati Assad, gli americani “sapevano” (grazie ai satelliti) ma non hanno mosso un dito e ora starebbero preparando una rappresaglia chirurgica contro gli autori del barbaro attacco. Il tutto senza dimenticare che fanno paura anche i “ribelli”legati ad al Qaida che, secondo l’ultimo rapporto dei Servizi segreti britannici, costituirebbero la minaccia più immediata per l’Occidente. Insomma, in Medio Oriente, dopo lo tsunami della “Primavera araba”, la confusione regna sovrana e, dove ti giri giri, rischi di trovarti davanti gente pronta a tagliarti la gola. I nemici? Un po’ tutti. Gli amici? E chi li ha visti? Una cosa è sicura: non è più tempo di strepitare come un battaglione di prefiche, ma di sbattere in faccia a tutti la verità. Lungi da noi l’intenzione di gettare altra benzina sul gigantesco rogo che già divampa nella regione. L’ultima cosa che auspichiamo, per molti motivi, è una guerra generalizzata. Con interventi esterni dagli obiettivi incerti e dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche. Ma questo è anche il momento di togliere tutti gli alibi ai “professionisti dell’indignazione”. A coloro, cioè, che finora hanno tollerato 100 mila morti senza perdere l’appetito. Dato che conveniva essere girati dall’altro lato, perchè la Siria non è la Libia. Bene. Ci può anche stare nel porcilaio delle relazioni internazionali. Ma la gente ha il diritto di saperlo, dev’essere informata di tutto. Anche di quello che l’Onu, gli Stati Uniti e la pavida Europa già conoscono, in ogni dettaglio. Avevamo promesso di fare nomi, cognomi e indirizzi. Eccoli. L’attacco di mercoledì scorso, condotto dalle truppe governative, in cui è stato usato gas nervino “Sarin”, ha provocato circa mille morti. Principalmente tra la popolazione civile. A scatenare l’inferno è stata la 155ma Brigata, appartenente alla Quarta Divisione, comandata dal generale Maher Assad, fratello più giovane del presidente siriano. Non è stato un attacco aereo, ma un cannoneggiamento, con granate riempite del micidiale composto chimico sparate dalla base militare del Monte Kalmun, a sud di Damasco. Si tratta di uno dei tre depositi nei quali Bashar al-Assad (su suggerimento dei russi) ha stoccato i “nervini”. Le altre basi (magari allo stipendificio delle Nazioni Unite, tra un cocktail e l’altro, prenderanno nota) sono quelle di Dummar (5 chilometri da Damasco) e Al-Safira, a ovest di Aleppo. Che sia chiaro: qui nessuno ha fatto di testa sua. Non un singolo grammo di “nervino” può essere sparato senza un preciso assenso dei fratelli Assad. E allora? Gli specialisti israeliani interpretano la “meraviglia” e la “indignazione” di americani, francesi, inglesi e, last but not least, delle Nazioni Unite, come un gioco (sporco) delle parti. Tutti sanno, ma cercano di guadagnare tempo. E, intanto, mentre in Siria si continua a crepare, loro discutono, nelle catacombe della diplomazia, il da farsi per minimizzare i danni collaterali. Secondo Netanyahu, capo del governo di Gerusalemme, l’Iran sta usando la Siria come “cavia”, per vedere come si comporterà l’opinione pubblica internazionale di fronte all’utilizzo (conclamato) di armi chimiche. Tra le altre cose, fonti di Tel Aviv hanno rivelato che i quattro razzi “Grad” sparati giovedì contro Israele, non sono stati lanciati da “jihadisti” a caso, ma portano la firma di Hezbollah e del suo capo, lo sceicco Hassan Nasrallah. E, fanno intendere gli analisti dello Stato ebraico, nulla impedisce, in futuro, che tali vettori possano essere caricati a “narvini”. Non solo. Nasrallah avrebbe a disposizione gruppi terroristici, in Libano e in Siria, direttamente organizzati dagli iraniani. Sarebbero loro ad avere piazzato le bombe nei pressi delle moschee sunnite di Tripoli (Libano del nord). Gli ordigni di matrice sciita hanno ucciso 42 persone e ne hanno ferite oltre 500. Abbiamo già rivelato, nell’edizione di ieri della “Gazzetta del Sud” (come ha fatto il francese “Le Figaro”) i motivi che hanno spinto Assad ad attaccare con i gas: un avvertimento-ricatto nei confronti di Obama, che addestra miliziani anti-Damasco in Giordania. Tra l’altro, la CBS ha diffuso una notizia sconvolgente: gli Stati Uniti “sapevano” dell’imminente strage (i depositi di armi chimiche sono controllati giorno e notte da satelliti-spia), ma non hanno mosso un mignolo per fermarla. Gli israeliani sono inviperiti e accusano gli americani di barare. Secondo loro, il ministro della Difesa statunitense, Chuck Hagel, poteva benissimo risparmiarsi le sue dichiarazioni sull’invio di navi da guerra nell’area “per possibili rappresaglie”. Perché? Semplice. Washington aveva in zona la portaerei “Truman”, armata di missili “cruise” Tomahawk, ma l’ha trasferita di gran corsa fuori dal Mediterraneo. E poi, fanno sempre notare a Gerusalemme, se Obama volesse agire veramente non avrebbe bisogno di fare inutili “parate”: ha già tante di quelle opzioni militari nella regione che gli basterebbe solo schiacciare un bottone. Quindi? Gli israeliani pensano che sia possibile solo una rappresaglia “chirurgica” (via aerea, con “cruise”, “drones” o caccia “stealth” invisibili) per punire i responsabili.