A rischio il posto di lavoro di ottomila precari degli enti locali, qualora si applicasse anche in Sicilia la normativa nazionale. Per il segretario regionale della Cgil Maurizio Bernava, tocca ora alla Regione, che in materia ha facoltà legislativa primaria, «affrontare la specificità siciliana che si configura come una emergenza crescente». Anche perché, se applicato alla lettera, il decreto potrebbe riservare per la Sicilia sorprese ancora maggiori e penalizzare fino a due terzi dei 22mila precari degli enti locali. La normativa voluta dal ministero della Funzione pubblica, infatti, prevede per i precari, che abbiano prestato servizio per almeno tre anni nell’ultimo quinquennio, una riserva del 50 per cento dei posti a concorso ma – come ha ricordato Bernava – «i Comuni non hanno la pianta organica definita e quasi nessuno è in regola coi vincoli finanziari; inoltre, non ci sono posizioni concorsuali aperte. In sintesi forse si potrebbe salvare soltanto un terzo dei 22mila precari, ed è un conto ottimistico...». C’è quindi chi sollecita una deroga al patto di stabilità degli enti locali siciliani, la modifica del parametro “dipendente pubblico- popolazione” relativo alle dotazioni organiche, l’abbattimento dei limiti che sono stati stabiliti dalle leggi nazionali per le assunzioni.