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Germania, con chi si
alleerà Angela Merkel?


di Piero Orteca

Ci siamo. Oggi la Germania va alle urne, dopo una campagna elettorale durata almeno un anno “sottobanco”. Sulle spalle del resto d’Europa. Sì, perché strategie economiche, “pensate” monetarie e persino la politica estera dell’Unione hanno risentito delle contorsioni del Paese-locomotiva del Vecchio Continente. In sostanza, Angela Merkel, la Canciellerona reduce da due mandati, ha navigato a vista, un po’strabicamente, guardando a Bruxelles, ma con un occhio e mezzo rivolto verso Berlino. E mentre la padella comunitaria era sul fuoco della crisi, Angela non ha fatto altro che friggere il pesce guardando il gatto: cioè il suo elettorato, volubile e imbufalito dalla leggenda “metropolitana” di una “Grosse Deutschland” immolatasi sull’altare dello spirito europeo. Ovviamente trattasi di balle e di quelle gigantesche, perché i numeri non mentono. La Germania non ha mai mosso un mignolo se non per i propri interessi nazionali e si è sempre messa di traverso, ostacolando tutte quelle politiche di stimolo alla crescita necessarie per far ripartire l’occupazione in Europa. Lo sanno tutti che i tedeschi, sdraiati sul lettino dello psicanalista della storia, soffrono della “Sindrome di Weimar”, di quella nevrosi finanziaria, cioè, sviluppatasi subito dopo la Prima guerra mondiale, figlia di un’inflazione da Armageddon. Quando per comprare pane e companatico ci voleva qualche miliardo di svalutatissimi marchi. Insomma, stiamo parlando di uno spettro monetario che da allora turba, ecumenicamente, le notti di tutta la società germanica. Ricchi, poveri, amici, nemici e vicini di casa. Per questo, quando all’Unione hanno pensato di fare una Banca Centrale Europea, a Berlino hanno detto “sì”, ma a una condizione, corta e netta: che il nuovo organismo fosse, in pratica, una fotocopia (non ben riuscita, per la verità) della Bundesbank. E buona notte ai suonatori. Oggi la Merkel, forte di questo ruolo rivestito dal suo Paese, in Europa fa il bello e il cattivo tempo. E se i commentatori di tutto il pianeta la definiscono, unanimemente, “la donna più potente del mondo”, figuratevi quello che può combinare dalle nostre parti. Quindi, tanto per capirci, i risultati delle odierne elezioni interessano ogni abitante del Continente, da Capo Nord fino a Lampedusa, perché le strategie finanziarie della Canciellerona potrebbero fare un giro di valzer, influenzando la quotidianità di ogni millimetro quadrato di Unione. Isole comprese. Ma come andrà a finire? La Merkel, capitana indiscussa della Democrazia Cristiana teutonica (la CDU), strettamente collegata alla CSU (i cristiano- sociali bavaresi), finora è rimasta al potere grazie alla coalizione realizzata con i liberaldemocratici (FDP) di Guido Westerwelle, Ministro degli Esteri uscente. Davanti, come avversario, si ritrova Peer Steinbrück, ex Ministro delle Finanze, leader (non tanto indiscusso) della gloriosa SPD (i socialdemocratici), il partito che fu di giganti come Willy Brandt ed Helmut Schmidt, e che ora invece, è costretto ad affidarsi a codesto energumeno dai modi bruschi e dal curriculum “ideologico” alquanto discutibile, per usare un eufemismo. Parole e musica non sono nostre, ma del Süddeutsche Zeitung Magazin, che ha pubblicato in copertina una foto molto espressiva del candidato “progressista” (ma i sindacati lo vedono come il fumo agli occhi), col ditino medio alzato e una risata di sguincio stampata su un volto da rude uomo dei boschi. Un gesto non proprio oxfordiano, rivolto ai suoi avversari, che la dice lunga sulla caratura del “front runner” riformista. Il quale, va aggiunto per completare l’opera, viene praticamente maldigerito anche da metà SPD, che lo accusa di aver fatto più una carriera da funzionario di partito, da “travet” di segreteria, che da leader nazionale. Un po’, sia detto con non tantissimo rispetto, come capita a Hollande in Francia, catapultato all’Eliseo per un compito più grande di lui (spulciare, prego, i sondaggi e le statistiche transalpine). Evidentemente è un altro segno dei tempi, per una sinistra europea che, pur ricca di idee e fermenti innovativi, stenta a trovare leader credibili e di spessore. A qualsiasi latitudine. L’altro lato della medaglia di “Blek Macigno” Steinbrück è quella di avere contribuito, grazie alla sua raffazzonata attrezzatura ideologica, a sfarinare la sinistra. Quella “primigenia”, si chiama “Die Linke” e se ne sta arroccata sull’Aventino dei “duri e puri”. Con questi cugini, definiti “giurassici”, Steinbrück ha già detto di voler cambiare marciapiede se dovesse incontrarli. Meno schifiltoso il nostro candidato, che oltre alla voce alza il ditino, appare con i Verdi (Grüne). I quali, però, annaspano tra mille difficoltà e vengono dati in calo. Tra l’altro, gli hanno tirato tra i piedi una vecchia storia di dichiarazioni sulla pedofilia, che ha inguaiato il loro leader, Trittin, violentemente attaccato (ma sarebbe meglio dire “sbranato”) dai suoi avversari, che non aspettavano altro. Se questi sono i chiari di luna a sinistra, non pensiate che nell’accampamento della Merkel le cose vadano, poi, tanto meglio. Intanto, i sondaggi danno gli alleati della FDP poco sopra lo sbarramento del 5% (avevano il 15%). Ergo, basta una leggera scivolata sotto l’asticella e l’attuale coalizione va a farsi strabenedire, perché il partito di Westerwelle non prenderebbe il becco di un seggio e lascerebbe Angela, con le sue poderose terga, per le terre. Secondo i “si dice”, proprio tale scenario potrebbe materializzarsi, con grande disdoro della Canciellerona, obbligata a trovare un altro muro su cui battere la testa. Cioè, una nuova santa alleanza. I numeri resi noti dagli istituti di rilevazione parlano di una CDU-CSU intorno al 38%, mentre la SPD veleggerebbe indietro, sul 28%. I “Grüne” si attesterebbero all’8% e “Die Linke” al 9%, con l’avvertenza, come abbiamo detto prima, che quel “gentleman” di Steinbrück non vuole vedere la sinistra-sinistra manco nelle fotografie. Quindi, azzardare un’ipotesi di alleanza che abbracci questi ultimi tre partiti sembra un tantino azzardato. A meno di clamorose sorprese. Sopra abbiamo scritto dell’incognita liberaldemocratica, una variabile che rischia di mischiare tutti i bussolotti. Ma un’altra dolorosa puntina da disegno su cui sta assisa la Merkel è quella rappresentata dal gruppo degli anti-europeisti, in parte transfughi della CDU. Gli ultimi “polls” li danno intorno al fatidico 5%, el “numero de la muerte”, come si direbbe in Spagna. O della vita, perchè se gli esponenti dell’AfD (Alternativa per la Germania) dovessero arrivare al Bundestag (il Parlamento tedesco) toglierebbero un buona quota di seggi proprio ai cristiano-democratici. E come farebbe, in questo caso, Frau Angela ad allearsi con i suoi antichi fratelli di sangue, che vogliono mettersi sotto i piedi l’Europa con tutti gli annessi e connessi? Perché (dicono loro) il resto del Continente “munge” la mucca tedesca. Mentre a noi, invece, risulta il contrario, e cioè che siano proprio le voraci vacche germaniche a non lasciare un filo d’erba a tutti gli altri, a cominciare dalle praterie bancarie e commerciali dell’Est. Dove i bovini “sturmtruppen” arrivano, alzano il filo spinato e cominciano ad abbuffarsi, pascolando. Insomma, l’Europa è un affare per i tedeschi, ma alle loro condizioni. Se no non ci starebbero. Fatto il giro delle sette chiese torniamo al punto di partenza. Una manciata di voti potrebbe determinare, col gioco degli sbarramenti, un testa-coda strategico. Vuoi vedere che Herr Peer Steinbrück dopo aver gridato, stracciandosi le vesti, “mai con la Merkel”, potrebbe cambiare idea in trenta secondi, abbracciando l‘amica-nemica? In fondo, forse muta la forma, ma non la sostanza. Da altre parti qualcuno lo chiama “inciucio”, in Germania “Grosse Koalition”. Emergenza o no, fa più fino.

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