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Lo scafista indagato
ma non fermato

barcone lampedusa

Indagato, ma non fermato. E' la posizione del 35enne tunisino sospettato di essere uno degli scafisti del naufragio al largo di Lampedusa in cui sono morti centinaia di migranti, su cui indaga la Procura di Agrigento. Era stato identificato e bloccato al suo arrivo sull'isola e sentito dalla polizia. La precisazione arriva dal procuratore capo, Renato Di Natale: "Allo stato attuale - sottolinea il magistrato- non c'è alcun fermo: sono in corso indagini febbrili della Procura". Davanti al procuratore aggiunto Ignazio Fonzo, assistito da un avvocato d'ufficio, e con la collaborazione di un interprete arabo, il sospettato è stato interrogato ieri: ha deciso non avvalersi della facoltà di non rispondere, e di dare invece la sua versione dei fatti. Per l'accusa, che lo indaga per naufragio e omicidio plurimo, c'è il fondato sospetto che sia uno degli scafisti, ma si aspetta la conferma da parte dei testimoni sopravvissuti al naufragio. Testi che non possono essere sentiti a 'sommaria informazione' perché potenziali indagati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, e quindi di reato connesso: le loro dichiarazioni potrebbero non reggere davanti al Gip o al Tribunale del riesame. Ma nell'isola non è semplice trovare avvocati, che devono venire da Agrigento. Gli interrogatori sono già cominciati, e appena i primi verbali saranno depositati agli atti i magistrati decideranno. "La Procura - spiega Renato di Natale - sta lavorando alacremente per individuare e verificare l'identità dello o degli scafisti. Ogni soggetto che entra nel nostro territorio, in virtù della legge Bossi-Fini, è indagato e pertanto deve essere assistito da un difensore affinché le sue dichiarazioni possano essere valutate. Non possiamo sentirli a sommarie informazioni". La sua posizione resta quindi al vaglio della Procura di Agrigento. Lui, durante l'interrogatorio, davanti al pm Fonzo e alla squadra mobile della Questura di Agrigento, avrebbe ammesso di essere già stato a Lampedusa: l'11 aprile scorso durante uno sbarco in cui avrebbe avuto proprio il ruolo di scafista, assieme ad altri tre marocchini. In quell'occasione il tunisino sostenne di essere stato costretto perchè minacciato di morte da un suo datore di lavoro. I quattro furono espulsi dall'Italia. Questa volta il presunto scafista ha detto di essere venuto alla ricerca della libertà: avrebbe pagato e sarebbe stato un normale 'passeggero', come gli altri, partito da Misurata, in Libia, in un viaggio della speranza finito in immane tragedia. (ANSA)

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