E' "ancora necessario, in una forma o nell'altra, il mio impegno personale". Così Silvio Berlusconi a Bruno Vespa. "Nessuno può togliermi il diritto di restare alla guida del movimento che ho fondato, finché molti milioni di elettrici e di elettori lo vogliono", aggiunge. "Sento il dovere di stare in prima linea".
"Non intendiamo arretrare sulla l. di stabilità. E credo sia giusto che, su tutto (sulla mia vicenda, sulle tasse, sull'economia, sui nostri programmi riformatori), siano gli elettori a potere giudicare noi e i nostri avversari, che, andando avanti così, confermerebbero i loro connotati di 'partito delle tasse e delle manette'". Marina "sarebbe in grado di adempiere al meglio la missione" di candidato premier. "Tutti hanno constatato la sua autorevolezza e il coraggio da leonessa con cui mi ha difeso. Ma non è la sua vocazione. Sono sicuro che nessuno dei miei figli si sente attratto dalla politica. Soprattutto da 'questa' politica". Sottolinea Berlusconi.
Braccio di ferro Cav-Alfano, e' conta in Cn e al Senato
di Serenella Mattera
L'ora della rottura non è ancora arrivata. Silvio Berlusconi lancia un nuovo appello: "Gli elettori ci chiedono unità e concordia del nostro movimento". Ma il tempo stringe e il Cavaliere prova a mettere alle strette Angelino Alfano perché prenda una posizione, con lui o contro di lui. Al suo ex 'pupillo', che incontra in serata, chiede di firmare il documento 'lealista' per il passaggio a Forza Italia. E si dice pronto a convocare il Consiglio nazionale della resa dei conti "nel più breve tempo possibile". Il vicepremier rilancia chiedendo garanzie, si racconta, per l'area dei 'governativi' avvertendo di essere pronto anche alla extrema ratio della scissione. Sono ore molto tese, a Palazzo Grazioli. "Sono preoccupato, deluso, amareggiato", ammette Berlusconi. All'indomani del via libera al voto palese sulla sua decadenza, si dice convinto che "la partita è ben lontana dal fischio finale" e attacca la sinistra che ha commesso, sostiene, "un autogol". Ma è chi gli era più vicino, in questi giorni, ad alimentare i più grandi dispiaceri. Perché gli fa mancare, lamenta, il suo sostegno. "Voglio guardare in faccia tutti quelli che voteranno per la mia decadenza, inclusi i garantisti del Pd", dice ai fedelissimi il Cavaliere, che sarebbe propenso a intervenire in Aula nel giorno del voto. Ma non è sul no alla decadenza, su cui il Pdl marcia compatto, che si gioca la partita interna al Pdl in queste ore. Bensì sulle ripercussioni sul governo di un ormai probabile sì. Perché Berlusconi vorrebbe decretare la fine delle larghe intese e tornare al voto. Ma non ha i numeri per farlo. Nel pranzo con falchi e lealisti (Fitto, Bondi, Verdini, Romani, presenti Gasparri e Gianni Letta), l'ex premier valuta il 'riconteggio' che ha chiesto di fare nel gruppo Pdl al Senato. E il responso non è positivo: il partito del no alla sfiducia è cresciuto ancora rispetto al 2 ottobre. Lo appura anche Alfano, che a Palazzo Chigi incontra senatori come Augello. E a dimostrarlo ci sono le 27 adesioni (il 2 ottobre erano 23) raccolte dal documento dei governativi che chiede al presidente Grasso di cancellare la decisione sul voto palese. Uno strumento dei governativi per dimostrare al Cav che non gli si volteranno le spalle nella battaglia contro la decadenza. Alfano prova a prendere tempo. Non vuole rompere col Cav, ma non può firmare, come lui gli chiede, il documento per il passaggio a Forza Italia che riconsegna il partito interamente nelle mani di Berlusconi e fa prevalere la linea lealista. Prova perciò a puntellarsi sul fronte del governo attraverso la legge di stabilità e chiede a Letta il via libera a misure a trazione pidiellina, difficilmente rinnegabili dai colleghi di partito. Dentro il Pdl-Fi, però, in questo momento il vicepremier si trova in minoranza. I lealisti contano oltre il 75% di membri del Consiglio nazionale in favore del documento dell'ufficio di presidenza. Una "amplissima maggioranza", rileva Berlusconi in disaccordo anche su questo con gli alfaniani che forniscono altre cifre piu' a loro favore, vicine al 50 per cento dei delegati. In una nota diramata in serata l'ex premier scrive: "Mi auguro che, nell'interesse dell'unità, si possa raggiungere un'ancora più ampia condivisione di tale documento, permettendo una rapida e positiva conclusione della dialettica che si è avviata in questi giorni verso il rilancio di Forza Italia". L'idea del Cavaliere è anticipare il 'redde rationem', convocando il Consiglio nazionale già a novembre (il 10 o il 16, le date che circolano). E, mentre considera già persa una parte dei governativi (alcuni ministri su tutti), chiede ad Alfano di 'rientrare', anche perché, raccontano, non vede alternative al volto del suo 'pupillo', tra i ranghi del partito. In serata, dunque, un nuovo incontro. Dopo il pranzo annullato ieri. Il braccio di ferro prosegue. Con una sensazione ancora di stallo. Da una rottura avrebbero da perdere, al momento, entrambi. Ma una ricomposizione alle condizioni del Cavaliere sembra ogni ora più difficile.
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