Il piano escogitato per mettere le mani sui soldi pubblici era di una banalità estrema. Tanto da rendere incomprensibile come sia stato possibile attuarlo per un periodo così lungo senza che nessuno se ne accorgesse. L’unica ragione per cui una banda di dipendenti della Regione Siciliana è riuscita ad appropriarsi di centinaia di migliaia di euro dell’ente è che, semplicemente, in Regione nessuno esercitava controlli. Ed è così che 15 persone sono riuscite, a vario titolo, a mettere le mani su oltre 700 mila euro, praticamente indisturbate. Le indagini hanno consentito di ricostruire un meccanismo di distrazione e successiva appropriazione indebita di denaro pubblico fatto confluire sui conti correnti personali degli arrestati, anziché su quelli di appoggio delle imprese che avevano fornito beni e servizi alla Regione. Secondo gli investigatori il principale perno del sistema era Emanuele Currao, funzionario del dipartimento Istruzione e formazione. Fondamentale il ruolo di una ex dirigente, Concetta Cimino, ora in pensione: avrebbe fornito password e credenziali di accessi ai sistemi informatici della Regione. La Cimino venne arrestata negli anni 90. Dopo 10 anni fu assolta. Sulla sua vicenda scrisse un libro che ricevette il premio Vittorini.
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