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PD e UDC ai ferri corti
con Crocetta

rovare la quadra non sarà semplice. Davide Faraone ci sta provando, cercando un accordo più ampio possibile, tenendo dentro il rimpasto di governo in Sicilia, le candidature alle primarie per il congresso dei democratici siciliani e le riforme, a cominciare dalle Province. La strada però è in salita. Tra i big del Pd e il governatore Rosario Crocetta ormai è gelo. E anche l'Udc non è tenero con l'ex sindaco di Gela. Ai contrasti politici si aggiungono rapporti personali logori. Alcune dichiarazioni di Crocetta dopo lo scandalo delle 'spese pazze' dei gruppi parlamentari, con 32 deputati regionali in carica indagati dalla Procura di Palermo (assieme ad altri 52 ex onorevoli) hanno riaperto vecchie e recenti ferite. E sebbene il governatore abbia provato ad ammorbidire i toni aprendo all'ipotesi di rimpasto, tema discusso qualche mese fa e rinviato a dopo l'approvazione della manovra finanziaria (varata dall'Ars il 15 gennaio, nel pieno dello scandalo) le tensioni rimangono tutte. I pontieri lavorano sotto traccia, mentre in superficie tutto è fermo. In mattinata il Pd ha rinviato la riunione del gruppo parlamentare di cui fa parte Crocetta, così il faccia a faccia col governatore non c'è stato. E ieri il segretario siciliano dei democratici, Giuseppe Lupo, aveva annunciato che il partito non avrebbe partecipato al vertice di maggioranza, convocato da Crocetta per domattina. A traino l'Udc. "Senza il Pd, noi non partecipiamo a riunioni di maggioranza", dice il segretario regionale dello scudocrociato, Giovanni Pistorio. "Tra l'altro io non sono stato invitato, evidentemente sono sgradito al presidente Crocetta", aggiunge. Per l'intera giornata il clima è rimasto rovente: a Roma Faraone e Lupo hanno ragionato sui passi da compiere, a Palermo pezzi del partito, invece, erano pronti a dialogare col governatore, con al suo fianco il Megafono, i Drs dell'ex ministro Totò Cardinale e Articolo 4, il gruppo con i transfughi Udc. Alla fine, Crocetta ha deciso di rinviare il vertice di maggioranza, si farà dopo la riunione della direzione regionale del Pd, in programma domani. All'appuntamento ci sarà anche Crocetta: "Perché non dovrei andare, è il mio partito", afferma. Così la direzione di domani pomeriggio si preannuncia incandescente. Con Lupo, che al ritorno da Roma, mantiene la linea fredda. "Non sono mai stato interessato a entrare nella giunta e continuo a non esserlo: e se Crocetta lo chiedesse direi di no", taglia corto il segretario, che sta provando la strada della ricandidatura. I tempi però sono stretti. Entro sabato il Pd dovrà sciogliere proprio il nodo delle candidature alle primarie. L'accordo non c'è e appare complicato. In questo quadro rimane appesa la riforma delle Province (oggi nuovo rinvio in commissione Affari istituzionali). L'Assemblea dovrà approvare la definitiva soppressione degli enti entro il 15 febbraio, altrimenti saranno indenni i comizi elettorali e si tornerà al voto. Per Crocetta sarebbe una sonora sconfitta. Tant'è che in questo scenario il governatore ipotizza persino le dimissioni, col conseguente scioglimento dell'Assemblea e ritorno al voto. Difficile che accada, però. Dalla prossima legislatura gli scranni dell'Ars saranno 70, venti in meno degli attuali posti di parlamentare. Ma sui rapporti partiti-governo pesa un'altra tegola, la scelta dei 17 manager della sanità. Fuori i candidati che hanno avuto rapporti col precedente governo Lombardo, ma esclusi rimarrebbero anche alcuni nomi vicini a Pd e Udc.

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